mercoledì 28 settembre 2016

NOMINA NUDA TENEMUS / 1: IL PROFUMO DI SPILAMBERTO


“Cosa c’è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa non perderebbe il suo profumo se avesse un altro nome”.
Così dice Giulietta a Romeo, distinguendo la persona reale di Romeo, che le parla sotto il balcone e che lei ama, dal nome che lui porta, quello di un nemico che ella odia.
I nomi che noi diamo alle cose non sono le cose stesse, sono solo concetti mentali che ci servono per comunicare. Allo stesso modo Umberto Eco nel romanzo “Il nome della rosa” sottolinea il distacco dei nomi dalle cose: “nomina nuda tenemus”, noi “possediamo (solamente) dei nudi nomi”. Il nome che diamo alla rosa, dunque, non è la rosa reale con il suo profumo.
E il profumo di Spilamberto? Quello è rimasto lo stesso al di là della vicenda dei nomi (eccoli qui!) con i quali il nostro territorio è stato identificato nel corso dei secoli; una vicenda che proveremo a seguire e ricostruire in questa rubrica, partendo da un momento precedente all’esistenza stessa del paese.
Nel 1210, quando viene fondato dai modenesi, Spilamberto infatti ha già il proprio nome, frutto di una lunga evoluzione su cui ci soffermeremo.
Ma prima della fondazione del paese, esisteva già un territorio, quello nel quale oggi viviamo. Ebbene, quel territorio, anche se probabilmente deserto e disabitato (torneremo sul problema), aveva un proprio nome, anzi, più d’uno.
“Nomina nuda tenemus”: forse non c’era niente, ma di quella Spilamberto almeno possediamo (solamente, o quasi) i nudi nomi.

[Nell'immagine: disegno di Gustavo Cevolani]

mercoledì 21 settembre 2016

CARAMELLE DALL'ARCHIVIO / 38: 1897, LA PROPOSTA DI UN ARTISTA



La statua di San Giovanni Battista, di Giuseppe Obici, affianca orgogliosamente quella del Cristo, opera di Michelangelo, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma!
Un altro tributo romano dell’artista spilambertese.
Una copia di tale scultura, opera realizzata dallo stesso Obici, si trovava un tempo in Santa Maria degli Angioli, nel “Castello” di Spilamberto; fu poi ricollocata dove anche oggi si trova, ma lo spostamento riservava una sorpresa... e il nostro prezioso Archivio ce l’ha svelata.
La ricerca sui documenti a volte può risultare noiosa; sfogli materiale di scarso interesse, ma poi… cerchi, controlli, sbagli, riverifichi e... trovi!
Arriva la testimonianza che non immaginavi potesse capitarti fra le mani. Un colpo di fortuna che porta ciò che non ti aspettavi. E, con fascino, le pedine della scacchiera di un tempo passato si ricompongono.
1897: occorreva un supporto adeguato, di valore, per una statua così imponente; la qualità del San Giovanni lo meritava.
E chi se non un Tacconi poteva presentare la proposta? E fu proprio Eugenio che disegnò il progetto: chiare linee geometriche arricchite da grappoli decorativi di foglie e frutti si apprezzano già nella bozza.
Ma quel piedistallo che oggi sorregge la statua non è quello della ritrovata testimonianza grafica.
Non ci è dato sapere perché non fu scelta, realizzata; i documenti, per ora reperibili, non rendono chiarezza; nello stesso tempo, però, ci permettono di ammirare la creazione artistica del Tacconi, probabilmente oggetto di un “concorso” di idee, di una discussione, di una selezione.
In ogni caso ci lancia un messaggio: l’interesse della Comunità spilambertese per le opere d’arte dei propri compaesani; un esempio da seguire anche nel presente, perché  arte e cultura possono certamente rischiarare tutti i momenti bui che la vita inevitabilmente riserva a ciascuno di noi.