Si dice “A carnevale ogni scherzo vale”.
Non era così al tempo di Bianca Rangoni. La Marchesa di Spilamberto infatti decise di porre serie limitazioni ai festeggiamenti carnevaleschi.
In quell’epoca le infrazioni, i disordini, il caos dovevano essere rilevanti per far gridare nuove disposizioni al “Nunzio Pubblico”, vicino alla “Colonna rossa”, proprio là dove le strade principali del Castello si incrociavano... oggi “le quattro arie”, dove serenamente gli spilambertesi si fermano a chiacchierare.
Cosa sarebbe cambiato?
Era il 1616 e le feste avrebbero potuto essere organizzate soltanto dietro richiesta ufficiale degli interessati. Come dire “Se ci saranno disordini i colpevoli siete voi”!
Dall’anno successivo la “Signora” permise di mascherarsi soltanto con abiti poco vistosi, esclusivamente durante il giorno ed entro le mura castellane.
Ma ecco individuate altre infrazioni, che evidentemente erano abituali e vi si pose freno: essere armati, travestirsi da religiosi, festeggiare sui sagrati delle chiese, esprimersi con parole irriverenti, infastidire ed offendere persone e, vista la stagione invernale, “gettarsi neve l’un l’altro”.
Ciò non significa che Bianca fosse contraria ai festeggiamenti, infatti, visto che i partecipanti erano soprattutto giovani, ai quali spettava giustamente divertirsi, ella precisò che “gli spassi dovevano pigliarsi sì, ma ... modestamente!”.
Questo esigeva che si realizzasse nel Castello da lei governato.
All’epoca, troviamo simili restrizioni anche in altre gride (in questo modo erano chiamati i decreti perché gridati in pubblico) del Marchesato di Vignola e del duca d’Este a Modena.
Possiamo così supporre che, fatte le giuste proporzioni, i festeggiamenti di allora rasentassero la trasgressività, un po’ come certi raduni dei ragazzi di oggi.
L’esuberanza giovanile non ha tempo!
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