Saranno stati il tepore
primaverile e la leggera brezza che sfiorava gli alberi del Parco a stuzzicare
l’irrefrenabile irrequietezza dei ragazzi. Sta di fatto che non si riusciva a
comporre la loro fila per dare il via alla “ola”. Appena in ginocchio si
spintonavano scherzosi e si lasciavano cadere abbracciando il tenero verde e
assaporando il richiamo della terra. Poi la cosa è riuscita e l’onda delle
braccia si è alzata e abbassata varie volte, sotto l’occhio impertinente della
videocamera. Vitalità prorompente, desiderio di scherzare.
E poi, ecco il laghetto a forma
di cuore: si intravedeva tra gli svolazzanti piumini dei soffioni, che
maggiormente erano sospinti dai ragazzi, in gara tra loro per raggiungere per
primi quello specchio d’acqua.
La cosa che fa pensare è quanto
poco i giovani conoscano il paese. In aula, hanno individuato sulla mappa il
Torrione, la Rocca, poco altro, ma non hanno dimenticato l’Atelier di Corso
Umberto e la non lontana gelateria. Una ragazza, ahimè, ha denominato San Carlo
la chiesa di S. Adriano. Sempre durante i preliminari, in aula, è comparso,
sulla lavagna interattiva, lo stemma dei marchesi Rangoni, che dicono di aver
già visto nella Rocca di Vignola: sì, per un breve periodo, Vignola è stata
governata dai Rangoni. E perché la conchiglia tra righe rosse, bianche e blu?
Un ragazzo risponde: «Per il
Panaro». No. La cappasanta, simbolo del pellegrinaggio in Galizia, porta a
parlare di Santiago di Compostela, Roma e Gerusalemme, le mete dei pellegrini .
«A piedi?» chiedono.
Allora si parla degli scavi di
San Bartolomeo a Spilamberto e dei pellegrini sepolti con conchiglia e bordone
che si trovano nel museo.
La loro curiosità fa chiedere
come mai si siano conservate le conchiglie.
Le domande degli alunni aprono
sentieri imprevisti: ogni classe reagisce in modo diverso di fronte alle stesse
notizie.
Occupati ad ascoltare le
preferenze del loro immaginario di fronte a varie foto di castelli, quasi ci si
dimentica di chiarire che il Castello di Spilamberto non è la Rocca, ma il
territorio fortificato, un luogo cinto da mura: questo si intendeva nel
Medioevo, non quello di Disney; lo testimoniano anche Castelvetro, Castelnuovo
R. e Castelfranco. Le parole hanno più significati che cambiano nel tempo.
In cammino verso la Rocca,
guidati dagli alunni incaricati di individuare gli edifici storici, una ragazza
si ricorda dell’acetaia solo a metà di corso Umberto. Il “portico di Bondi” e l’antica
abitazione dei Rangoni sono per loro una topografia sentimentale, sono
diventati “il muretto degli innamorati”. Viene detto per scherzo: «Ma ora non
ci si innamora più!». Alcune ragazze negano decisamente l’affermazione!
Sollecitati, osservano poi, e
riconoscono, i merli dello “Stallone”, rigorosamente ghibellini; vedono lo
stemma sul balcone del “Vecchio municipio”, ma non sanno decifrarlo: è il
simbolo del Comune di Spilamberto! La prossima volta dovremo probabilmente
iniziare dall’immagine del biancospino!
Nella “Caccia al tesoro”, il
ritrovamento della R, in terracotta, simbolo dei Rangoni nella Rocca, risulta
un po’ laborioso; si son dati da fare, ma la cercavano dove non era. Il ragazzo
che l’ha individuata per primo si è attirato le indispettite esclamazioni dei
compagni. Soltanto fortuna!
E poi nel Cortile d’Onore, ancora
la brezza del Panaro (la stessa che nelle “Quattro arie” accarezza le
chiacchiere dei presenti) sollecita piacevolmente le osservazioni dei ragazzi,
che cercano di individuare quel passato che, nelle pietre delle pareti esterne,
ci racconta i tormentati mutamenti di questo nostro importante monumento
storico.
E in conclusione? Speriamo che da questa escursione i ragazzi possano
conservare una nuova immagine della loro Spilamberto, di quel paese che
sembrano conoscere soltanto nelle apparenze!
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