Tra tassi e canali
«Un tasso incontra un altro tasso
e gli dice : t’assomiglio».
La mattina ci avevano preoccupato
le nuvole, che poi si sono dissipate per lasciare il posto a una calura che
aumentava di minuto in minuto. Due ragazze, creato un ventaglio con dei fogli,
si facevano vento e radunavano intorno a loro un gruppetto di ragazzi riuniti
dal richiamo: «C’è l’aria condizionata!».
Si va per canali, dei tanti che
scorrevano nella vecchia Spilamberto, ne toccheremo tre.
È l’ultima uscita legata agli incontri
che mettono in luce la protoindustrializzazione di Spilamberto tra '500 e '600
ed i suoi monumenti.
Dopo la svolta, al termine di Via
Pace, ci lasciamo alle spalle le macine del mulino, il terrapieno di casa
Poletti, l’edificio della Concia, la strada
larga che non ha più necessità di ponti, ma che tradisce lo scorrere
sotterraneo del Canale Diamante.
La coda femminile rimane sempre
indietro, un po’ staccata. Le quattro ragazze
sono raggiunte di tanto in tanto dal messaggero che le aggiorna sulle battute che sforna il
gruppone. Una è quella del tasso.
Prima di una gimkana tra i resti
lasciati da qualche cane, un ragazzo illustra quello che era il lavatoio
pubblico, rifornito dalle acque del Diamante, ora in abbandono. Giungiamo,
quindi, nella zona del Supermercato Coop.
Incontrando il vecchio mulino
Rangoni, le chiuse sui canali Diamante e San Pietro, ed anche il “Canalino
castellano”, si presenta l’occasione di citare la figura del “dugarôl”,
l’addetto ai canali.
Tornando verso il centro di Spilamberto,
con il sole che ormai ha dissipato le nuvole e con i ragazzi passati dalle
battute dei “tassi” a quelle di “farsi i garretti”, rientriamo nel castrum, con la speranza concreta di
aver sollecitato i ragazzi a cogliere una immagine di maggiore spessore del
paese e della sua storia.
Ecco l’imponente Filanda (il
vecchio “filatoio”), con alla destra gli uffici, gli alloggi per le operaie
della montagna e quelli riservati all’allattamento; i magazzini e il ricordo
dell’alto camino che disperdeva in un velo di fumo la durissima fatica delle
“filandaie”. Sul retro le fogne, un tempo a cielo aperto, le “canole”; il muro
interrotto del vecchio Palazzo Rangoni e il ricordo del teatro in legno che un
incendio distrusse.
E poi “Lo Zucchero filato” che ci
apre le porte con le foto delle operaie della Filanda; la lapide in ricordo dei
Rangoni e gli errori nella didascalia illustrativa. Quindi un rapido sguardo ai
resti delle antiche mura in fase di restauro: erano tre quando la Rocca diventò
Palazzo, quella di mezzo merlata, le cui pietre, asportate per costruire le
grandi cucine, generarono un contrasto mai risolto tra i Rangoni e il vecchio
Comune.
Ormai è tardi, si rientra a
scuola.
Questa volta ci lasciamo con la
parola fine, fine degli incontri di questo anno scolastico 2014/'15.
Ci incamminiamo chiacchierando piacevolmente, volgendo un ultimo sguardo
alla Rocca che sopporterà con pazienza il depositarsi del tempo... ci rivedrà
il prossimo anno scolastico!
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