mercoledì 12 luglio 2017

IL VECCHIO COMUNE SI RACCONTA / 5°: LA PAURA DELLA FAME


(Secoli XV/XVI, fornai, “fornari”, al lavoro; sezione di affreschi
presenti nel Castello di Issogne in Val d’Aosta, località “La Place”.)


1571... La storia non si capovolge da un anno o decennio all’altro: molti spettri del passato si trascinano nel tempo, non rispettando le epoche definite dagli storici.
Paura della fame, ingiustizie sociali.
Raccolti insufficienti erano ricorrenti, anche se alcuni miglioramenti agricoli li avevano diradati; i capricci della natura erano continuamente in agguato: siccità, piovosità eccessiva, freddo intenso.
La collaborazione delle collettività umane cercava di rimediare.
Così a Spilamberto.
I componenti del “Consiglio della Comunità”, nell’agosto di quell’anno, si riunirono nella “Sala della Ragione”: occorrevano misure adeguate affinché durante la stagione fredda il pane non venisse a mancare, soprattutto a coloro che risiedevano entro le mura castellane. Chi viveva nelle campagne era facilitato, seppur con molta fatica, a racimolare qualcosa per placare un po’ i morsi della fame e sopravvivere.
Trovare il prezzo massimo, il peso e la forma del pane non fu difficile, il “calmiere” era già in uso da tempo, e si faceva riferimento a quello già stabilito nella città di Modena. Occorrerà, però, giungere al governo dei marchesi Lodovico e Bianca Rangoni perché precise e severe norme scritte regolassero tale produzione; saranno gli anni1594 e 1615.
Discussa fu invece, in quel 1571, la scelta della persona alla quale affidare l’obbligo per un anno di “mantenere il pane alla piazza”: o ad uno dei conosciuti ebrei spilambertesi, “Isachi (Isacco) hebreo”, o ad “Andrea Frarino (Ferrarino / Ferrarini).
Vennero accettati gli accordi patteggiati con il secondo e fu così “fornaro” per un anno il “Frarino”: le modalità di contratto soddisfacevano le esigenze comuni.
La produzione e distribuzione del pane era in questo modo assicurata.
La decisione avvenne alla presenza del “Signor Commissario”, del “Notaio Nicolò Maria Tedeschi” e di
Donino Viani (Massaro della Comunità)
Giovanni Costancino (Costanzini)
Ugolino Borelli
Giovanni Rinaldino
Giovanni Bomporto
Giovanni Solmi
Silvestro Opici (Obici)
Giovanni Guidotti
Francesco Maria Moradori (Muratori).

Questi antichi spilambertesi avevano scelto secondo le allora consuete norme vigenti, votando con “fave nere e fave bianche”.
Il dovere di aiutare la comunità era assolto.

Ora a voi lettori un compito: individuare i vostri antenati!

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