Resto dell’antico “ponte morto” – avancorpo in
muratura - che sovrastava
la fossa sul lato occidentale della Rocca.
Foto concessa a C. S., nel 2010, dall’Ufficio Lavori
Pubblici del Comune di Spilamberto.
Vicedirettore scientifico e direttore operativo degli scavi dottor Alberto
Monti, autunno 2007.
Quanti altri
giochi e sorprese in quella lunga successione di stanze nella Rocca.
Dopo la visita
dello stupefatto Luìgin anche la popolazione di Spilamberto poté vedere ed
utilizzare quegli spazi. Si era sotto il dominio francese dal 1796.
Tolti di mezzo i
privilegi dei nobili, i “nuovi cittadini”, fatte proprie le idee di “libertà,
fraternità e uguaglianza”, reclamavano spazi nel “Castello”. L’esigenza di
cambiamento si era già avvertita dopo la collocazione dell’Albero della Libertà
davanti alla “Comuna vécia”.
Così la
richiesta di un luogo da parte dell’Unione Patriottica per poter svolgere
attività teatrale fu subito sostenuta dalla “Municipalità” di Spilamberto.
Questa, nell’agosto (“termidoro”) del 1798, inviò all’autorità del Potere
Esecutivo, a Modena, la richiesta che venisse accordata la sala del “cosiddetto Trucco” della Rocca, ormai non
più proprietà dei marchesi Rangoni, ma della Nazione: “Per bandir l’ozio in
un lodevole divertimento e di portar la fiaccola della libertà tra le più
odiose tenebre dell’aristocrazia”
Ed eccoci dentro
la Rocca:
in una
anticamera due tavolini da gioco coperti di damasco verde con “borse di pelle”
e tutt’intorno il brillio “dell’oro”!; nella “Camera della Conversazione” due
tavolini per giocare e una tavoletta, entrambi di noce, col gioco della dama e
quello degli scacchi; il tutto dentro ad una preziosa cassetta rivestita di
“droghetto verde” (l’attuale broccato o jacquard!); nella “Camera del
Belvedere” altri quattro tavolini da gioco verniciati con la preziosa e
resistente “lacca cinese”; ed in cucina, anche in cucina! e nel “tinello”,
altro tavolino con borse per giocare e ancora una tavola da dama!
In un angolo le
racchette per il gioco del “volano”, o “volantino”, che la “Rivoluzione
francese” aveva reso di moda anche fra larghi strati della borghesia. I Rangoni
lo avevano adottato per loro e per gli ospiti. Veniva praticato nella fossa, da
tempo prosciugata, davanti alla facciata occidentale della Rocca. Ora avrebbe
potuto praticarlo anche il popolo.
L’ondata
libertaria trovò però un arresto.
Gli abitanti del
“Castello” poterono godere di quegli spazi e giochi aristocratici non oltre il
1812, anno in cui furono restituiti ai nobili i loro beni non venduti durante
il “Governo napoleonico” (un Decreto dell’Imperatore lo stabilì il 27 aprile
1811).
E la Rocca tornò ai Rangoni.
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