IL BRODO
(Anno 1978. Sullo sfondo, centralmente, la
facciata principale dell’Osteria di “Zighìna”
- il retro era prospiciente via
Obici-; sulla sinistra la parete meridionale del vecchio
“Cinema Farini”. Gli
edifici si trovavano sul lato orientale di via San Giovanni,
dove ora si
possono individuare la “Galleria Ossimoro”, la pizzeria “Ti Stuzzico”
e l’enoteca
“La gàbia dal vèin”. Fotografia da raccolta privata.)
Il brodo si “mette su”.
È questa l’espressione più caratteristica per
indicare la sua preparazione.
Il tipo di carne, la varietà degli aromi, la qualità
dell’acqua e il suo rapporto con la quantità di carne sono condizioni che
concorrono per il sapore di questo alimento.
Il suo profumo, da sempre, ricorda la domenica
poiché una volta faceva parte del pranzo del giorno festivo; la carne, che si
mangiava raramente, serviva come secondo.
Il brodo è il risultato della bollitura della carne.
Si immerge la carne in acqua fredda se si vuole ottenere un buon brodo, in
acqua calda se si vuole ottenere la carne più saporita. Per ottenere al meglio
il brodo, i tagli di carne che io preferisco mettere in pentola sono: guanciale
di manzo, un piccolo pezzetto di coda e di lingua, un po’ di doppione, un
pezzetto di copertina morbida e gelatinosa (ottima da mangiare), un quarto di
cappone e un osso di zampa di vitello; una cipolla intera con la buccia, una
carota e un pezzetto di sedano, sono quasi indispensabili per dare un po’ di
aromaticità, e, infine, si aggiunge il sale grosso.
Il brodo deve arrivare a ebollizione molto
lentamente, occorre togliere le impurità con un ramaiolo e deve continuare a
sobbollire per almeno tre ore, coperto.
Ogni famiglia prepara il brodo a modo suo, con tagli
di carne e quantitativi che soddisfano il proprio gusto; il profumo del brodo
sarà sempre riconoscibile, cambierà il sapore.
Abitavo in via Obici quando, la domenica mattina,
nonna Faustina faceva scendere dal secondo piano, dove lei viveva, una lunga
corda con attaccato un pentolino in alluminio, munito di coperchio, una sorta
di gavetta. All’interno vi era un soldo e io le andavo a comprare un po’ di
brodo all’Osteria da Zighìna, situata in fondo alla via. Era Tilde che riempiva
il pentolino di brodo profumatissimo, giallo come l’oro e ancora bollente.
Consegnato il brodo ricevevo 5 o 10 lire di mancia; quei pochi soldi erano
sufficienti per andarmi a comperare un gelato dalla “Nina”.
Nonna Faustina aveva allevato mia madre e mio zio,
tutti la chiamavano nonna, ma nella realtà non lo era di nessuno. Non le ho mai
visto i capelli, il suo capo era sempre coperto da un fazzoletto nero, questo
era l’unico colore che lei usava per i suoi vestiti e grembiuli. Il suo volto
era particolarissimo, per il colore e i lineamenti, mi ha sempre ricordato il
volto di una zingara. Di casa sua non ricordo quasi nulla, il tavolo in legno
della cucina e l’odore, non buono. Vi andavo raramente, venivo invitata
solamente per ricevere un pezzetto di cioccolato svizzero, quando sua figlia
Antenisca, che risiedeva in quella nazione, veniva a farle visita. Mai avrei pensato
che, un giorno, quel pezzetto di cioccolato tanto ambito sarebbe stato così a
portata di mano!
La domenica, dopo la messa delle nove, passavo a salutare le zie e la nonna.
Nonna Iside e zia Bina avevano già “messo su” il
brodo, ed era annunciato dall’intenso profumo che saliva per la scala. Entrambe conservavano per me una prelibatezza, i
tuorli delle uova. Spesso, quando si comprava la gallina per il brodo
all’interno vi erano dei grovigli di piccole sfere gialle: tuorli saporitissimi
che se il volatile non fosse finito in pentola sarebbero diventate le comuni
uova con il guscio. Venivano messe nell’acqua insieme alla carne e tolte appena
cotte; acquistavano un sapore unico, ricco, con una consistenza morbida e farinosa.
Io le gustavo semplicemente così ed erano sempre straordinarie. Ora le vendono
sfuse, sono più grandi, le ho provate, ma non hanno più lo stesso sapore e la
stessa consistenza!
Preferisco pensare
che quelle sensazioni di gradevolezza fossero dovute alla mancanza di cibi veramente
prelibati e che faceva apparire ottime anche le vivande più semplici, ma so che
non è così, so che tutto sta cambiando e molti sapori si sono persi, rimasti
vivi solo nella memoria.
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