UN
FURTO SVENTATO NELLA SPILAMBERTO ANNI ‘30.
Nell'immagine:
fotografia (1935 circa) dell'allora Casa del Fascio,
attuale Museo
Archeologico-Sala Consigliare;
sullo sfondo Piazza del Littorio prima della
costruzione del Municipio
(da "Spilamberto in fotografie e cartoline
d'epoca",
Comune di Spilamberto, 2008, a cura di M.C. Vecchi)
Anno
1934, una fredda serata invernale di fine febbraio: due uomini percorrono corso
Umberto I verso il Torrione.
Il
primo è il trentenne Renato Cavani: forse è passato a prendere l’amico Ernesto
Rubbiani, un reduce della Grande Guerra che abita in via San Carlo; forse si
stanno recando insieme in uno dei locali che sorgono in Piazza Littorio
(attuale Piazza Caduti), l’osteria dei fratelli Baschieri o l’Albergo “Italia”
di Zita Malmusi.
Fatto
sta che, quando arrivano in fondo al portico e sbucano sulla Piazza, si
accorgono, alla fioca luce dei lampioni filtrata dalla nebbia, che sta
accadendo qualcosa di strano. C’è un’automobile parcheggiata, e uno sconosciuto
sta frugando al suo interno: alla vista dei due uomini si allontana nascondendo
qualcosa sotto la giacca, sperando di non dare nell’occhio.
Ma
Renato si rende conto che qualcosa non va: ha riconosciuto l’auto – d’altra
parte non ne girano molte in paese – come quella di Egidio Corsini, un
pavullese che da anni vive a Spilamberto.
«Fermati!»
urla lanciandosi all’inseguimento del ladro.
In
pochi passi lo raggiunge, ma mentre sta per afferrarlo quello si gira e gli
lancia contro un pesante “cricco” di ferro che – si scoprirà – aveva rubato
dall’auto. Con l’agilità di un gatto, il Cavani schiva il colpo e si getta sul
malvivente. S’accende un furioso corpo a corpo, ma l’arrivo di Rubbiani
permette di immobilizzare il ladro, che viene subito condotto presso la stazione
dei Carabinieri nella vicina Cuntrèda dla
Prèda. Qui l’arrestato viene identificato come un noto pregiudicato
residente a Castelnuovo, che nella stessa serata aveva messo a segno un altro
colpo ai danni di un’altra automobile incustodita.
L’avventura
finisce lì, ma ha uno strascico che oggi potrebbe lasciarci sorpresi. Qualche
giorno dopo, infatti, le autorità del Comune, invocando il Regio Decreto 1168
dell’aprile 1851, si rivolgono al Ministero dell’Interno chiedendo di assegnare
una ricompensa al Cavani “per aver agito con prontezza e decisione, non curando
il pericolo di rimanere colpito dal cricco di ferro lanciatogli contro dal
fuggitivo e per essere riuscito in tal modo ad impedire altri furti e ad assicurare
alla giustizia il pericoloso pregiudicato”.
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