(Autunno 1946. Laura con il
suo papà.
Fotografia scattata sopra ad uno dei terrazzi che si affacciano sul
Piazzale della Rocca.)
Parte undicesima
[...] Anche Ermes e la sua famiglia erano presenti al suo
ritorno, mi portarono un grande scatolone: conteneva una bellissima bambola con
i riccioli biondi, gli occhi azzurri che si aprivano e chiudevano e per quei
tempi era una meraviglia.
La guardai in silenzio, sapevo da tempo che me l’avrebbe
portata, cosa che ho sempre creduto per tanti anni fino all’adolescenza, era
invece stata comprata qui, su richiesta sua, e tenuta in casa di Ermes.
Quella sera mentre tutti facevano festa e la nonna preparava
la cena, l’emozione mi vinse, non riuscii né a parlare né a mangiare, mi
rannicchiai sul divano, un nodo mi stringeva la gola, osservavo soltanto.
Quella bambola l’ho sempre tenuta, ci ho giocato poco, era
quasi considerata un monumento, me l’hanno rotta i miei figli nel giocarci da
piccoli.
Finita la guerra si cominciò a raccattare i cocci dei
disastri da essa provocati.
La mia famiglia si era riunita. Mio padre ritornò a
lavorare alla SIPE come meccanico. Il tragitto tra casa e lavoro e viceversa era
effettuato in bicicletta, quattro volte al giorno, con qualsiasi clima, solo
d’inverno nelle giornate più gelide portava con sé il pentolino con la
minestra.
I nonni di Castelvetro vennero ad abitare con noi nella
casa sul piazzale a Spilamberto.
La mamma e la zia
avevano il loro negozio di mercerie ed erano sempre molto impegnate, perché
oltre a questo andavano ai mercati con il banco.
Lavoravano anche la domenica mattina, poiché allora c’era
il mercato e tutto il centro era occupato dagli ambulanti. Il mercato dei polli
era nella via S. Carlo e nel cortile della canonica. All’uscita della messa il
negozio si riempiva di gente, per certe persone povere comprarsi il necessario
per vestirsi era difficoltoso. Una maglia, le calze o altri indumenti li pagavano
a “rate”, portavano a fine mese qualche lira, la maggioranza con onestà.
Ricordo un particolare di quel tempo, si vendeva la brillantina per i capelli,
col misurino nel contenitore portato dal cliente.
La zia Anna, che era una bella ragazza, con dei bellissimi
capelli dai riflessi ramati, si era sposata e viveva con lo zio Gilberto in una
delle ville della SIPE.
Queste abitazioni, costruite per gli impiegati e
considerate ville, erano nel viale “delle suore”, così detto perché vi era
l’asilo. [...]
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