L’Odissea
racconta.
Ulisse,
ritornato ad Itaca, per non farsi riconoscere dai Proci finge di essere un
mendicante vagabondo e chiede di partecipare alla gara dell’arco. Penelope,
infatti, sposerà chi sarà in grado di scoccare con l’arco di Ulisse la freccia
che attraverserà senza intoppi le dodici scuri predisposte per la sfida.
Eurialo,
il più arrogante dei Proci, rivolgendosi ad Ulisse così si esprime:
«Tu non
mi sembri un uomo esperto di gare, ma piuttosto uno che vaga per i mari in una
nave dai molti remi, che comanda i marinai, che si ricorda del carico,
che pensa alle merci e ai guadagni».
Nel mondo dell’oralità, che
precede quello della scrittura, sulle navi c’era chi doveva ricordare, il suo compito era quello di avere in mente l’elenco delle merci, del carico: lo MNÈMONE,
una specie di “bolla di carico” umana. Alcuni antichi affermarono che i Fenici
inventarono la scrittura proprio per ovviare alla difficoltà di questo compito.
Le parole di Eurialo esprimono
per la prima volta il concetto dello mnèmone nell’Odissea.
In alcune città, le
responsabilità di questo particolare personaggio si concentravano in un
magistrato a cui erano affidati, ad esempio, compiti istituzionali riguardanti
la conservazione delle informazioni rilevanti in ambito tecnico, come memorizzare
il calendario liturgico.
La figura dello mnèmone compare
anche nei racconti mitologici: Teti, madre di Achille, proibisce al figlio di
uccidere un certo Tenes, perché generato da Apollo. Un oracolo, infatti, aveva
predetto la fine di Achille il giorno in cui avesse ucciso un figlio del Dio.
Teti mise al fianco di Achille uno mnèmone, con il compito di
preservarlo dal destino di morte annunciato. Lo schiavo si distrasse e
Achille poi morì.
Nel mondo antico le risorse degli
schiavi permettono di utilizzare una persona, lo mnèmone, come supporto alla
memoria. Noi oggi, più semplicemente, utilizziamo metodi diversi: a livello
personale facciamo un nodo al fazzoletto, mettiamo un pezzo di carta nell’anello e così via; più ampiamente, a
livello istituzionale ci avvaliamo di un sorprendente mnèmone, l’archivio.
E non aggiungiamo altro.
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