Estate 1733.
I fasti della Rocca.
Eventi rilevanti aggiungevano epiteti
già attribuiti a Spilamberto.
Un’enorme concentrazione di
granaglie fu raccolta dal marchese Lodovico Rangoni per soccorrere i sudditi
durante la stagione fredda. “Un piccol’Emporio d’Egitto” venne denominato il
paese. Attenzione verso i sudditi, certamente.
Si aggiungeva però anche l’azione
combinata di due elementi: l’accoglienza
principesca ed amabile dei “Signori” ereditari del “Castello”: “Donna Giovanna”
e Francesco Giovanni Maria e le carezze del piacevole clima regalate
dall’antica presenza del fiume Panaro.
Ed ecco che pranzi, divertimenti,
giochi, cacce, passeggiate riempivano i giorni di innumerevoli ospiti notabili;
a tutto si accompagnava il frenetico lavorio di domestici ed artigiani che
occupavano la giornata per soddisfare le esigenze di tutti quegli invitati.
Un’atmosfera frizzante, giocosa,
serena, e Spilamberto veniva così definita una “Piccola Parigi”; una nuova
affascinante definizione che consolida il già formulato paragone con gli
splendori e l’importanza della “Corte
del re Sole” (vedi diciassettesima puntata della rubrica “Rocca delle mie
brame”).
Quando però un bambino di 12 /13
anni, un Gonzaga, imparentato con i Rangoni, morì improvvisamente nel corso del
suo soggiorno in Rocca, si affacciò anche il lutto. Venne imbalsamato e inumato
nella Chiesa del Carmine, oratorio che la famiglia Rangoni aveva eletto per la
sepoltura dei suoi componenti.
Ai festeggiamenti spensierati si
sostituirono le esequie: un’enorme quantità di messe in suffragio di quel
ragazzetto, cugino della moglie del marchese Lodovico. Magnificenza, sì, ma pur
sempre un lutto e per Spilamberto, quasi un presagio funesto. Come se questo
fatto avesse aperto la porta per il paese e la Rocca alla decadenza: complici
il destino, la natura e le scelte degli uomini.
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