Nel suo ritorno verso Itaca Ulisse, dopo aver lasciato la
maga Circe, deve affrontare il pericolo delle Sirene. Con il loro canto esse
rendono passivo l’uomo che le ascolta, gli fanno smarrire l’identità, lo spingono nel grande regno dell’oblio.
Circe aveva avvertito Ulisse prima che riprendesse il mare:
“Chi senza sapere si avvicina e ascolta la voce delle sirene, non incontrerà
più la moglie al suo ritorno a casa; non gli faranno festa i teneri figli; le
Sirene là lo affascinano con il canto melodioso... intorno hanno cumuli di ossa
di uomini imputriditi, dalla carne disfatta”. Le sirene infatti, dopo aver
sedotto l’uomo con il loro canto, lo mangiano.
Tutti sappiamo cosa accade: Ulisse, protetto dalla dea della
ragione, Atena, e dagli ammonimenti di Circe riesce a non soccombere,
sigillando con la cera le orecchie dei compagni e facendosi legare all’albero
della nave. Soltanto così riesce a passare indenne davanti all’isola maledetta,
in cui le Sirene sono esiliate per avere osato sfidare nell’arte del canto le
Muse, ispiratrici dei poeti e di ogni creatività umana.
Il viaggio di Ulisse è in qualche modo il viaggio del nostro
Archivio (come già precedentemente accennato), ma quest’ultimo ha avuto per ora
un esito diverso. I nostri avvertimenti e le nostre proteste, quelle dei 902
spilambertesi con le loro firme, avrebbero dovuto svolgere la funzione di Atena
e Circe; come la cera nelle orecchie e le corde intorno al corpo, avrebbero
dovuto trattenere l’Archivio sulla propria rotta. Non sono bastate, però, a
sconfiggere il canto maligno e le fumose promesse della sirena seduttrice,
incarnata nella Fondazione: in questo modo, 600 anni della nostra storia sono
finiti a Vignola.
Ma noi continuiamo a lottare affinché l’Archivio ritorni, evitando così
la perdita dell’identità del paese e il naufragio nel grande regno dell’oblio.
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