Spilamberto 1917:
artiglieri contro lanzichenecchi
(Nella foto:
reduci di Caporetto a Spilamberto.
La bambina insieme a loro è la spilambertese
Isabella Costanzini)
“Ghigni di banditi,
elmetti, stracci, parolacce, bestemmie, teste sanguinanti, furti e furtarelli
nei negozi e nelle strade, estorsioni nelle case dei contadini, licenziosità,
proclamazioni di nuove fughe davanti al nemico, questo è quanto si vede e si
sente da due giorni e due notti dalla popolazione onesta e dalla popolazione
equivoca di Spilamberto…-domandiamo ci siano risparmiati l’onta e il danno di
simile degradante spettacolo prodotto dal frammischiamento della peggior
canaglia agli sbandati onesti, i quali sono in maggioranza e subiscono con
ribrezzo il contatto dei ribaldi. Il paese onesto si conforta della presenza di
900 artiglieri che qui si istruiscono, che tengono ottima condotta che sono
onesti e vedrebbero con gran dolore il loro (minacciato) allontanamento per
cedere il posto ai nuovi lanzichenecchi. Ci si raccomanda a V. S. Ill.ma
affinché la partenza dei simpatici artiglieri sia scongiurata e sia pure
scongiurata la venuta dei nuovi ribaldi.”
Così
scrive il 18 novembre 1917 il sindaco Pallotti al deputato modenese Antonio
Vicini.
Tra
l’ottobre e il novembre 1917 l’esercito italiano ha subito la cosiddetta rotta
di Caporetto. Gli austriaci e truppe scelte tedesche hanno sfondato il fronte e
sono state fermate solo sul fiume Piave. Tantissime persone sono fuggite dai
territori occupati e si sono riversate a sud: così Spilamberto è diventato
“territorio in stato di guerra” e nel novembre 1917 ospita già oltre 70
persone. Nella nostra provincia sono allestiti diversi campi per i soldati
sbandati; si ha notizia che a Spilamberto vi sia anche una infermeria
reggimentale e una speciale.
L’allarme
che appare dal documento del sindaco rivela la situazione del paese “ormai al
limite della sopravvivenza: il pane e la farina sono razionati, manca il latte
anche per gli ammalati, e nello stesso novembre anche la carne diventa
insufficiente.” Gli accenni ripetuti del sindaco a mancanza di disciplina nel
paese e la possibilità di nuove fughe davanti al nemico fanno temere che si
possa cadere nell’anarchia. Così i soldati d’artiglieria già presenti in paese diventano
“baldi, vivaci e robusti giovani” proprio perché assicurano un minimo di
protezione, mentre gli altri sono “i nuovi lanzichenecchi”. Inoltre, poiché una
disposizione del Comando prevede che il Comune alloggi gli ufficiali per i
primi tre giorni, ecco che il sindaco lamenta il continuo ricambio delle
persone, l’impossibilità di stabilire i tre giorni spettanti al Comune, quindi
la sostenibilità della spesa. Dai documenti dell’Archivio apprendiamo che
Vittorio Barozzi ha uno “stallo” occupato prima da 25 cavalli del
Distaccamento, poi dagli sbandati. Altre persone toccate da disagi sono Enea
Zacchieri e Giovanni Fabriani per citarne solo qualcuno. I cittadini lamentano
lo sporco provocato dalla presenza dei cavalli, mentre i soldati nei poderi “si
permettono di salire sulle piante da frutto per farne bottino”.
Insomma,
l’idea è quella di un’invasione caotica di Spilamberto, uno sconvolgimento
della vita dei suoi abitanti, e non era la prima volta. Questo è il tributo che
il paese ha dato alla guerra, oltre a quello dei suoi morti al fronte.
[L’immagine
e le informazioni sono tratte da C. Cevolani, Dal Panaro al Piave, Istituto Enciclopedico Settecani, 2016].
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