venerdì 19 ottobre 2018

POLVERE D’ARCHIVIO, POLVERE DA SPARO / 2

Spilamberto 1781. Dentro la fabbrica della polvere: il “pistrino”.


Pianta della fabbrica del pistrino S. Angelo,
riedificato nel 1781, in luogo di quello di S. Barbara nel territorio di Spilamberto.
Nell’acquerello, originale dell’epoca, si notano i due fusi e le ruote motrici immerse nel canale.



Entriamo nel “pistrino” S. Angelo costruito nel 1781. Si tratta di un mulino a pestelli che si muovono utilizzando la spinta dell’acqua. La polvere da sparo prodotta allora a Spilamberto era composta macinando salnitro (nitrato di potassio), zolfo e carbone vegetale (ottenuto da bacchette di nocciolo, salice o canapa). Tre erano i tipi di polvere lavorati: quella ordinaria da munizione, quella fina da fucile e quella lustra.
La fabbrica appoggiata a sud sopra uno dei muri del canale, è lunga m. 12,25 e larga m. 7,60, alta m. 7,3 nel centro e m. 5 ai lati. I muri sono di 4 teste in basso e di una sola testa fino al tetto. Alcuni pilastrelli sostengono 4 travi su cui vi sono leggere tavole di pioppo che reggono il tetto. Tutto è pensato per scaricare verso l’alto la forza di una possibile esplosione. Si entra in questa fabbrica per due porte e nel disegno si notano distintamente due scalette che portano al piano interrato; vi sono 6 finestre e il selciato è di mattoni.
Il mulino è montato al piano interrato. Due sono i fusi (alberi motore) rotondi, in rovere lunghi uno 8 metri, l’altro 7,5. Ciascuna delle macchine ha 8 buche scavate in un asse: sono i mortai in cui viene posto il preparato da pestare. Tre assi, non presenti nel disegno, sostengono il telaio nel quale passano gli 8 pestelli fatti di sorbo di circa 3 metri, con la testa di bronzo che macina il preparato, mantenuto sempre umido, con 45 colpi al minuto; ogni fuso ha delle leve che girando sollevano quelle corrispettive dei pestelli e ne determinano il moto.
I fusi sono collegati a due ruote immerse nel canale, come si vede dall’illustrazione; di questo utilizzano la forza motrice. Sul canale vi sono tre paratoie due delle quali aprono il passaggio all’acqua che sopra “le canale” viene portata alle due ruote delle macchine del pistrino, la terza con uno sfioratore serve a regolare l’acqua medesima.
Nell’edificio vi è un banco dove il composto macinato e ancora umido delle polveri viene granito con un setaccio, cioè ridotto in grani. Il banco permette poi agli operai di effettuare la granitura tenendo sempre sotto sorveglianza i macchinari, riducendo così la possibilità di incidenti. In un altro disegno si distingue una botte, collegata a uno dei fusi, riempita con i grani della polvere utilizza il moto per lustrarli, cioè per ridurne le asperità e raffinare il prodotto.
Si possono osservare alcune innovazioni già presenti nel pistrino S. Carlo costruito nel 1771; esse vengono illustrate nel 1772 da una relazione dell’ingegnere Giardini, incaricato di collaudare l’impianto: “Il moto regolare delle macchine, l’impasto sempre umido, l’ampiezza del fabbricato e l’imbrigliamento dei salnitri, col doversi intrattenere continuamente nel pistrino per granire le polveri, sono provvedimenti validissimi per non dover temere le accensioni avvenute con troppa frequenza…”.
All’esterno dell’edificio il pittore Caselgrandi ha rappresentato la figura di S. Angelo (alto 2 m.) come custode e protettore del “pistrino”.

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