“Un capolavoro perduto”
L’Assunta di Guido Reni
Se
vi capita di effettuare una visita alle nostre chiese guidati da Maria Paola
Lelli rimarrete impressionati dalla quantità di opere d’arte
presenti, molte in S. Adriano, ma non solo. Immagini che ci sono consuete, o di
cui non ci accorgiamo nemmeno, diventano affascinanti e ci parlano. Proprio
così. Ma dei due capolavori più rilevanti uno manca; certo non basta lo sguardo
dolce della Madonna della Rondine di Michele da Firenze a consolarci. L’Assunta
di Guido Reni non c’è. Si trovava nella chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Il
libro di Maria Paola Lelli, “Un
capolavoro perduto” (Istituto Enciclopedico Settecani, Spilamberto 2016) ci
racconta tutta la vicenda. È la confraternita di S. Maria degli Angeli che dà
il via all’iniziativa di sostituire un rilievo in terracotta con un’altra
produzione artistica. Il contesto è quello del culto mariano molto vivo a
Spilamberto e tutto viene ricostruito dall’autrice. Si passa quindi alla storia
travagliata della realizzazione dell’opera; gli artisti, si sa, sono persone
particolari.
Una
rapido, ma esauriente quadro biografico-artistico di Guido Reni precede il
doloroso racconto della vendita e la situazione attuale.
Al
di là del rigore storiografico della studiosa vorremmo sottolineare due aspetti
che emergono da questo agile volumetto. Innanzitutto si avverte il desiderio di
divulgare le conoscenze. La professoressa Lelli si impegna perché nuove persone
scoprano l’importanza, le caratteristiche, il senso dell’opera, senza però
cadere nei due tranelli tipici della divulgazione: la superficialità e
l’eccesso di semplificazione. Al contrario ci vengono raccontati una vita e un
percorso artistico e creativo in uno stile chiaro, scorrevole ed accessibile a
tutti, senza trascurare la completezza dell’informazione. Inoltre, nel calore
delle descrizioni si avverte che, nella visione dell’autrice, l’arte è una via
per approfondire e consolidare la fede. La veste tipografica curata dall’Istituto
Enciclopedico è impeccabile, e piacevoli la ricchezza e il colore delle
immagini.
Il patrimonio culturale di Spilamberto trova il giusto
riconoscimento e risalto in questo saggio.