Con
questa caramella inizia una nuova Rubrica dal titolo “Storie di sport a Spilamberto", nella quale vicende del
nostro passato sportivo, sottratte alla polvere del tempo, dimostreranno che
Spilamberto è sempre stato un paese vivace non solo in campo culturale, ma
anche nello sport.
Le magliette bucherellate
alla conquista del
campionato
di Renato Borsari
7 dicembre 1956
In piedi da sinistra: Lotario Giusti, Giuliano Giusti, Renato Borsari (semicoperto),
Mauro Malavasi, Dino Catelani (arbitro), Luigi Zanotti (in borghese).
Accosciati da sinistra: Rolando Brandoli, Giulio Ruggi, Luigi Barozzi,
Vanni Brebbia, Lucio Gasparini.
Mancano Rosi e Nocetti ancora negli spogliatoi.
Era la fine degli anni 50, io e un gruppo di amici
frequentavamo il cortile dei preti di S. Adriano. Le nostre partitelle a calcio
erano molto accese, per la nostra passione. Per formare le squadre due di noi
in qualità di capitani giocando a pari o dispari sceglievano gli altri
componenti uno alla volta.
Un giorno, durante una partita si propose di fare
una squadra, ma ci mancava l’occorrente e non sapevamo neanche muoverci dal
punto di vista organizzativo. Fu Luigi, uno di noi, ad occuparsi di ciò che
occorreva per partecipare a un vero campionato. Egli predispose i cartellini e
iscrisse la squadra al campionato giovanile CSI. Le maglie, vecchie maglie
nerazzurre bucherellate, ci vennero donate dalla parrocchia, e quando venivano
lavate ognuno pagava la sua parte. Prima della partita domenicale ci si
incontrava all’oratorio, ognuno prendeva la sua maglia, oppure Luigi le
caricava sulle vespa e si partiva in bicicletta alla volta del campo da gioco:
S. Cesario, Castelfranco, Vignola ecc. Alla fine della partita, dopo un tè
caldo non sempre disponibile, c’era la doccia fredda anche in inverno, oppure
calda a casa per chi l’aveva.
Fu così che, con lo spensierato ottimismo
dell’età, che variava dai 13 ai 16 anni, di partita in partita ottenemmo buoni
risultati, fino a vincere il campionato. Vincemmo anche il secondo campionato,
sempre con l’organizzazione di Luigi. Venimmo così invitati all’inaugurazione
dell’oratorio di Vignola e facemmo uno spareggio con il Castelnuovo, che aveva
vinto il suo girone, per accedere al Campionato Provinciale. Ho ancora vivo il
ricordo di quel giorno e lo stupore che ci colse all’arrivo dei nostri
avversari: scesero da un pulmino con una borsa nuova ciascuno. Sembravano
professionisti, ma non ci impressionarono sul campo dove vincemmo 2 a 1
guadagnando il diritto a disputare il Campionato Provinciale. Naturalmente non ci potevamo permettere le spese di
questo ulteriore e più importante impegno e ponemmo fine a questa avventura di
vivaio calcistico autogestito, che qualche soddisfazione, rigorosamente di
carattere morale, ci ha dato.
Si pensi, ad esempio, che l’allora dirigente del
Savignano, un maestro, ci apprezzava talmente da volerci tutti nella sua
squadra, purché si chiamasse Savignano. Noi rifiutammo perché non potevamo
giocare per bandiere diverse da quelle del nostro paese.
Vorrei che questo
periodo della nostra storia calcistica giovanile venisse ricordato innanzitutto
per la spregiudicata maturità che dimostrammo ed anche per dimostrare ai nostri
ragazzi di oggi che, con la passione, la volontà e la fatica si possono
ottenere traguardi appaganti.
[Testo tratto dall’articolo pubblicato sul periodico
“Fatti nostri” nel numero di luglio 2005.]