Nell'immagine: affresco di Fermo Forti nell'abside della Chiesa di Sant'Adriano.
Il Santo, in abiti pontificali, è inginocchiato alle porte di Spilamberto e chiede l'intercessione divina sul Castello: ed ecco che il cielo si illumina e gli angeli mandano rose, simbolo delle grazie ottenute
(fotografia e informazioni di Graziano Giacobazzi)
Nel Medioevo profondo un terreno
praticamente spopolato, quello su cui si insedierà poi Spilamberto, è però ben
documentato nei manoscritti dell’epoca.
Certo, si tratta di nomi –
Casale, Castiglione, Verdeta – che rimandano a un contesto spezzato: ci sono fattorie, un piccolo
borgo fortificato, un giardino, ma mancano le caratteristiche che permettano di
garantire al nostro territorio una identità riconoscibile, individuandolo con
un nome unico.
C’è però un antefatto che, a
nostro avviso, preannuncia se non il nome di Spilamberto almeno il suo profumo;
un episodio accaduto alla metà del IX secolo rivela infatti l’urgenza di dare
un nome al territorio ancora anonimo di Spilamberto.
Bisogna anzitutto ricordare che
nella zona di S. Cesario era insediata la “curtis” di Wilzacara. “Curtis”, o
corte, nel periodo feudale è quell'insieme di ville ed edifici da cui il
signore esercitava il controllo sul territorio, e rappresenta il perno della
cosiddetta “economia curtense”.
Wilzacara era ben conosciuta ed
importante, e si estendeva probabilmente anche nell’area che ora è parte del
territorio di Spilamberto. In questa zona nell’anno 885 transitava il papa
Adriano III, invitato da Carlo il Grosso a Worms, in Germania; e proprio qui il
pontefice “finì la vita”, probabilmente assassinato.
La morte di un papa rappresenta
un evento importantissimo, di cui è necessario dare notizia rapidamente,
indicando anche il luogo dove è avvenuto. In un documento scritto a Roma si
comunica che Adriano III è morto a Wilzakara; un manoscritto prodotto
nell’abbazia di Fulda, in Germania, afferma invece che il fatto è avvenuto
“Heridano flumine transito”, al di là del Po.
Il motivo della diversa
indicazione è evidente: in Germania era sufficiente scrivere una collocazione
molto generica, mentre a Roma è richiesta una maggiore precisione, che spinge a
scegliere un riferimento approssimativo ma conosciuto come appunto Wilzacara.
Tuttavia studi recenti affermano
(sulla base di dati di cui parleremo prossimamente) che il probabile assassinio
avvenne a Spilamberto, nel suo territorio; ma allora Spilamberto non aveva ancora
un nome, e dunque non poteva essere un riferimento per gente che viveva a Roma
o addirittura in Germania.
Da allora la contesa con S.
Cesario per attribuirsi l’evento non si è mai sopita. Lo scippo al nostro paese
di questo evento, importante per caratterizzare la sua storia e con conseguenze
anche sugli equilibri religiosi e finanziari dell’epoca, ebbe un peso rilevante
e accelerò senz’altro l’esigenza di dare una denominazione chiara ed univoca al
nostro territorio.
In conclusione, non “tenendo”
un nome Spilamberto anticipava, con il
suo profumo, l’esigenza di averlo. I tempi erano maturi.
E
gli spini? Quando e perché cominceranno a pungere?
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