"Dal Panaro al Piave"
di Cesare Cevolani,
Istituto Enciclopedico Settecani, 2016
(Disegno di Gustavo Cevolani per la copertina del volume)
Spilamberto
non ha avuto morti nella prima guerra mondiale.
Questo
afferma in modo sorprendente l’autore.
“Sia
di supremo conforto alla famiglia il sapere che il Reggimento, orgoglioso dei
suoi valorosi soldati, scriverà nel proprio libro storico, a caratteri
indelebili, il nome Suo; e lo additerà ai commilitoni come esempio fulgido di
disciplina e di valore.”
In questo modo si comunicava alla famiglia la
scomparsa del proprio caro e non si parlava di morte. La retorica addomesticava
i fatti.
Ciò che avveniva a Spilamberto rappresenta la
modalità con cui in momenti storici particolari un uso del linguaggio nasconde
gli avvenimenti, li trasforma in modo tendenzioso a scopi propagandistici.
Spilamberto diventa l’emblema di un costume più
generale.
Questo uno dei meriti del libro: il riferimento
puntuale delle vicende spilambertesi (una sineddoche, per dirla con l’autore) e
il loro legame con quanto succede in Italia. Lo testimonia anche l’ampia
bibliografia che comprende i risultati della più recente ricerca storica
sull’argomento. Tale ricerca viene richiamata spesso come commento ai nodi
storiografici via via incontrati.
Il volume di Cesare Cevolani, “Dal
Panaro al Piave” (Spilamberto, Istituto Enc. Settecani, 2016), ricostruisce
gli eventi che videro protagonisti Spilamberto e gli Spilambertesi durante gli
anni della Prima Guerra Mondiale (1915-1918). Occorre precisare che non si
tratta di un semplice collage cronachistico di fatti; i documenti vengono
analizzati nei minimi particolari. Basti come esempio il telegramma di tre
righe che troviamo all’inizio e la cui analisi si protrae per ben tre pagine
(pp.19-21).
La prima parte della ricerca è
dedicata alle numerose trasformazioni di carattere sociale, economico e
demografico che caratterizzano il paese: la guerra prima della guerra; il
primo, secondo e terzo anno di guerra. La seconda parte vuole invece
ripercorrere le storie dei soldati spilambertesi che parteciparono alla Grande
Guerra, gli oltre 140 uomini caduti sui diversi fronti del conflitto; molti dei
quali corredati di schede biografiche. Questi sono preceduti, tra l’altro,
dell’incredibile paragrafo sui prigionieri. Segue il capitolo sui reduci,
corredato da materiali forniti da spilambertesi relativi a genitori e nonni. Le
testimonianze utilizzate per la ricostruzione provengono da varie fonti archivistiche,
tra cui il ricco Archivio Storico del Comune di Spilamberto. Inoltre elementi
di cultura orale e digitale: informazioni, storie e fotografie sono state
raccolte parte “in Piazza”, chiacchierando e spargendo la voce tra le persone;
parte via Internet utilizzando e-mail e “social network”. Ecco allora la
sorprendente presenza di lettere, diari, che raccolgono vicende e microstorie
dei protagonisti. Così pure la sorprendente galleria di ritratti che conclude
un ricco apparato fotografico. Sono fotografie di spilambertesi, quasi tutte
effettuate in studio e in posa, “volti di contadini, commercianti, operai che
davanti alla macchina fotografica assumono l’aspetto fiero e marziale richiesto
dal ruolo che stanno ricoprendo”.
Il libro si conclude con un utilissimo indice di nomi che ci permette di
andare a scovare i nostri parenti e conoscenti. Lo stile di scrittura è chiaro,
robusto, efficace.
Grazie all’autore
Spilamberto è entrato a far parte della storia della Prima Guerra Mondiale.
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