Pani neri di Natale di Antonietta
(Pastello di Cristina Grandi)
Seconda parte
[...] I “Pani di Natale” vanno preparati
10/15 giorni prima della ricorrenza.
Per tre pani neri occorrono:
500 gr. di farina per dolci setacciata
con il lievito, 2 cucchiai di miele millefiori, 50 gr. di burro, 100 gr. di
zucchero, 2 uova, doppia dose (due bustine di lievito chimico), 1 tazza piena
di frutta secca (mandorle, noci, nocciole, arachidi) tritata grossolanamente a
coltello, 3 fichi secchi tagliati a cubetti, 1 manciata di uvetta ammorbidita
nel sassolino, sassolino, saba, frutta candita per guarnire.
Si impastano tutti gli ingredienti
aggiungendo tanta saba quanto basta per ottenere un impasto molto morbido, quasi
appiccicoso.
Imburrare 3 alti contenitori in
alluminio da 20 cm. x 12, infarinarli bene e suddividervi l’impasto, guarnire
con la frutta secca, metterli in forno preriscaldato a 200 °C con umidità
all’interno, proseguendo a 180 °C per 45 minuti.
Appena tolti dal forno, spennellarli con
una miscela in parti uguali di sassolino e saba.
Riporre i pani neri in luogo fresco e
mantenerli morbidi spennellandoli nuovamente ogni tre/quattro giorni con il
sassolino e la saba.
Solitamente un pane sparisce prima che arrivi
il Natale, ma gli altri non mancano mai sulla tavola delle feste.
Alcuni anni fa sono tornata all’ex forno
Baccolini, sono entrata, ho parlato del ricordo che avevo e mi hanno lasciato entrare
nella zona dei forni: l’ambiente mi è sembrato piccolissimo!
«Avete modificato la stanza ?», ho
chiesto.
«No», è stata la risposta.
Uscita in strada mi ha preso una nostalgica
malinconia; il forno non era rimpicciolito, ero io che ero cresciuta.
La saba, per chi non la conosce, è un
ingrediente molto noto dalle nostre parti; non è altro che mosto di uva fatto
cuocere molto lentamente fino a quando non si è ridotto di un terzo. Per
impedire che si attacchi sul fondo vi è l’usanza di aggiungere tre noci ben
lavate. Per l’alta concentrazione zuccherina, che subisce durante la cottura,
si conserva in recipienti con chiusura ermetica senza la necessità di una
sterilizzazione.
Mia madre dice che quando era bambina
con la saba condivano la polenta; io ricordo che versata in un bicchiere colmo
di neve diventava una straordinaria granatina.
Mentre torno indietro nel tempo con la
memoria, ricompaiono nel ricordo gli utensili della cucina: la stufa a legna,
il fornello con la bombola a gas, “la giazarèina” poi “Lei”, il primo forno
casalingo, la Petronilla. Era, questa, un tegame in alluminio, alto, rotondo, con
un coperchio ermetico in parte di vetro per potere controllare l’interno; era
dotata di un cavo elettrico e, una volta collegata alla
corrente, si scaldava e vi si potevano
cuocere gli alimenti, soprattutto crostate e ciambelle.
Come sono cambiati i tempi! Mi sembra
ieri, ma sono trascorsi cinquant’anni!
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