Avevamo in cantiere la
pubblicazione di un’intervista,
rilasciata da Lilliana Amadessi nel 2012,
dalla
quale emergevano la sua personalità, la sua cultura, la sua comunicativa,
la sua
capacità di mettere a proprio agio qualsiasi interlocutore.
Era anche
l’occasione per ricordare la nascita della “Scuola a tempo pieno”,
esempio in
Italia per tante nuove esperienze didattiche.
Purtroppo Lilliana è mancata
pochi giorni fa
e noi vogliamo ricordarla pubblicando la citata intervista.
Testo dell'intervista e foto tratti da: "La
scuola di Spilamberto in 50 anni di fotografie e racconti",
Ordine dei Cavalieri di Lamberto, a cura di Luigi Barozzi e Cristina Grandi,
Editore
Comune di Spilamberto.
«Il
mio primo incarico, nell’immediato dopoguerra, fu una scuola serale a
Spilamberto. L’anno dopo mi fu assegnata una scuola serale a Levizzano Rangone,
paese molto strano. In quegli anni la contrapposizione fra comunisti e
democristiani era al calor bianco a Levizzano come altrove.
Mi
fu detto che le due fazioni, non volendo mischiarsi, frequentavano la scuola ad
anni alterni: a me toccò l’anno dei democristiani!
Ricordo
che il mio primo incarico lo ottenni nella località di Cinghianello di
Polinago. Chiesi l’avvicinamento per allattamento e rimasi nella zona di
Spilamberto prima di ottenere il ruolo a Samone.
Successivamente
chiesi di nuovo l’avvicinamento e fortunatamente ottenni un incarico a Ponte
Guerro.
Ci
andavo in motorino, ma la strada era molto pericolosa e chiesi il trasferimento
a Poggioli, poi feci due anni a Fornace prima di approdare a Spilamberto nella
vecchia scuola elementare.
Per
parecchi anni insegnai ai bimbi di prima e seconda. Vi era infatti una prassi
per cui i maestri insegnavano nelle terze quarte e quinte maschili, alcune
maestre nelle terze quarte e quinte femminili o miste e, in genere, venivano
assegnate le prime e seconde alle maestre più giovani.
Il
Capogruppo degli insegnanti era il maestro Intra che in pratica faceva le
funzioni del Direttore, che a Spilamberto mancava perché allora la Direzione
Didattica era a Castelnuovo.
Non
ricordo il giorno del trasferimento, né di avere partecipato alla cerimonia che
si tenne: forse ero a casa in maternità.
Ricordo
tuttavia che l’anno scolastico 1962/63 iniziò nella vecchia scuola e il
trasferimento avvenne qualche settimana dopo, mi pare in novembre.
Ricordo
che la scuola nuova era bellissima, con dei corridoi molto spaziosi e un grande
cortile. Ricordo una novità strabiliante, per quei tempi: ogni classe era munita
di altoparlante collegato con la direzione.
Il
maestro Intra, affascinato da questa novità, pensò di utilizzarla collegandosi
con tutte le classi all’inizio delle lezioni per dire la preghiera, il Padre
Nostro, mentre sullo sfondo vi era una musica sacra o classica. Tuttavia questa
novità durò solo qualche mese, poi venne abbandonata, ma non ne conosco il
motivo.
Nei
primi anni la scuola di via Marconi funzionava esattamente come quella di via
Fabriani; vi erano solo alcune iniziative di doposcuola per aiutare i tanti
genitori che rientravano dal lavoro la sera, come quello delle suore che
mettevano a disposizione aule per i bambini che facevano i compiti.
Poi,
con l’arrivo del direttore Draghicchio, le cose cambiarono e prese corpo il
progetto del Tempo Pieno.
Vennero
introdotte materie nuove e l’edificio dovette subire modifiche per le nuove
attività come, per esempio, la costruzione del forno per la cottura delle
ceramiche.
All’inizio
gli insegnanti delle nuove attività erano esterni.
Ricordo
la signora Amadessi per la Lingua Francese, il prof. Poggi per la Scultura, la
maestra Germana Bettelli per la Pittura, i professori Albertini e Maestri per
l’attività motoria. Per la danza c’era la bravissima Isotta Baldini. Ricordo
che, nella preparazione dei saggi per la danza, noi insegnanti cucivamo i
vestiti per le bambine. Lo facevamo volentieri perché il direttore Draghicchio
possedeva una virtù rara: riusciva a motivare le persone.
In
una riunione ci disse che c’era molto da fare, ma che lui non poteva garantire
la remunerazione di tutte le ore lavorate.
La
stragrande maggioranza di noi accettò.
Io
mi occupavo di Musica, il maestro Baldini di Cinema e Televisione.
Ricordo
che la maestra Famigli si recava a “Radio Queen” dove faceva un radiogiornale
con i bambini, poi c’era un’insegnante di ceramica di Piumazzo, di cui non
ricordo il nome, molto brava.
[...]
In
quegli anni vennero formati gli organi di partecipazione dei genitori previsti
dalla nuova legge in materia. Ricordo che il primo presidente del consiglio
d’istituto fu Rolando Simonini che si spese molto per organizzare attività fra
le quali, ricordo, il Carnevale dei bambini.
Vi
era un grande fermento fra i genitori anche se non tutti vedevano di buon
occhio il tempo pieno: in particolare i cattolici erano molto critici.
Io
credo che l’obiettivo di Draghicchio fosse quello di dare a tutti i bambini
uguali possibilità di trovare la loro strada, e mi accorsi della bontà di
questo progetto quando una bimba, che sembrava chiusa nel mondo dei sogni, nel
laboratorio di disegno si trasformò.
Eravamo
in novembre, viale Marconi era sommerso dalle foglie gialle dei tigli, e la
maestra Bettelli disse ai bimbi di provare a disegnare quel viale.
Ebbene,
quella bambina, con poche macchie di colore, fece un quadro bellissimo, il
migliore. Poi crebbe, fece l’Istituto d’Arte e divenne una decoratrice di
ceramiche.
Forse,
senza l’opportunità dàtale dalla scuola elementare, non avrebbe trovato la
propria strada.
Ricordo
anche il primo incontro dello scultore Ascanio Tacconi con l’argilla: fece un
animale tanto bello che sembrava vero, e si rese conto a scuola della propria
vocazione per la scultura.
A
quell’epoca per i bambini vi era una grande libertà di potersi esprimere.
[...]
La
libertà dei bambini di esprimersi mi sembra giusta, perché nella vita non c’è
solo il leggere e lo scrivere.
Uno
studioso americano, Benjamin Spock, era per l’assoluta libertà dei bambini, ma
poi ha dovuto ricredersi.
E
c’era anche un metodo, il Boschetti-Alberti, che sosteneva che ogni bambino ha
i propri tempi, e che in una scolaresca è impossibile che i 20 o 25 alunni
capiscano tutti nello stesso tempo.
I
migliori voleranno subito: si dovrà avere un po’ di attenzione per quelli che,
prima di volare, dovranno un po’ starnazzare.
Secondo
me l’arte di un maestro non sta tanto nel fare andare bene i più bravi, che in
ogni modo comunque riusciranno, ma nel suscitare interesse per la scuola in coloro
che non la amano o non sono molto dotati.
Forse
non era sbagliato lo studio delle poesie a memoria, così come i compiti che
prevedevano i pensierini, che comunque inducevano i bambini a riflettere, ma
sono metodi ormai abbandonati.
Certamente
i maestri di oggi sono molto preparati.
Forse è aumentato l’aspetto tecnico e programmatico dell’insegnamento
rispetto alla libertà di espressione di cui parlavo prima.»
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