giovedì 3 maggio 2018

CARAMELLE DALL'ARCHIVIO / 52

Avevamo in cantiere la pubblicazione di un’intervista,
rilasciata da Lilliana Amadessi nel 2012,
dalla quale emergevano la sua personalità, la sua cultura, la sua comunicativa,
la sua capacità di mettere a proprio agio qualsiasi interlocutore.
Era anche l’occasione per ricordare la nascita della “Scuola a tempo pieno”,
esempio in Italia per tante nuove esperienze didattiche.
Purtroppo Lilliana è mancata pochi giorni fa
e noi vogliamo ricordarla pubblicando la citata intervista.


Testo dell'intervista e foto tratti da: "La scuola di Spilamberto in 50 anni di fotografie e racconti",
Ordine dei Cavalieri di Lamberto,  a cura di Luigi Barozzi e Cristina Grandi,
Editore Comune di Spilamberto.


«Il mio primo incarico, nell’immediato dopoguerra, fu una scuola serale a Spilamberto. L’anno dopo mi fu assegnata una scuola serale a Levizzano Rangone, paese molto strano. In quegli anni la contrapposizione fra comunisti e democristiani era al calor bianco a Levizzano come altrove.
Mi fu detto che le due fazioni, non volendo mischiarsi, frequentavano la scuola ad anni alterni: a me toccò l’anno dei democristiani!
Ricordo che il mio primo incarico lo ottenni nella località di Cinghianello di Polinago. Chiesi l’avvicinamento per allattamento e rimasi nella zona di Spilamberto prima di ottenere il ruolo a Samone.
Successivamente chiesi di nuovo l’avvicinamento e fortunatamente ottenni un incarico a Ponte Guerro.
Ci andavo in motorino, ma la strada era molto pericolosa e chiesi il trasferimento a Poggioli, poi feci due anni a Fornace prima di approdare a Spilamberto nella vecchia scuola elementare.
Per parecchi anni insegnai ai bimbi di prima e seconda. Vi era infatti una prassi per cui i maestri insegnavano nelle terze quarte e quinte maschili, alcune maestre nelle terze quarte e quinte femminili o miste e, in genere, venivano assegnate le prime e seconde alle maestre più giovani.
Il Capogruppo degli insegnanti era il maestro Intra che in pratica faceva le funzioni del Direttore, che a Spilamberto mancava perché allora la Direzione Didattica era a Castelnuovo.
Non ricordo il giorno del trasferimento, né di avere partecipato alla cerimonia che si tenne: forse ero a casa in maternità.
Ricordo tuttavia che l’anno scolastico 1962/63 iniziò nella vecchia scuola e il trasferimento avvenne qualche settimana dopo, mi pare in novembre.
Ricordo che la scuola nuova era bellissima, con dei corridoi molto spaziosi e un grande cortile. Ricordo una novità strabiliante, per quei tempi: ogni classe era munita di altoparlante collegato con la direzione.
Il maestro Intra, affascinato da questa novità, pensò di utilizzarla collegandosi con tutte le classi all’inizio delle lezioni per dire la preghiera, il Padre Nostro, mentre sullo sfondo vi era una musica sacra o classica. Tuttavia questa novità durò solo qualche mese, poi venne abbandonata, ma non ne conosco il motivo.
Nei primi anni la scuola di via Marconi funzionava esattamente come quella di via Fabriani; vi erano solo alcune iniziative di doposcuola per aiutare i tanti genitori che rientravano dal lavoro la sera, come quello delle suore che mettevano a disposizione aule per i bambini che facevano i compiti.
Poi, con l’arrivo del direttore Draghicchio, le cose cambiarono e prese corpo il progetto del Tempo Pieno.
Vennero introdotte materie nuove e l’edificio dovette subire modifiche per le nuove attività come, per esempio, la costruzione del forno per la cottura delle ceramiche.
All’inizio gli insegnanti delle nuove attività erano esterni.
Ricordo la signora Amadessi per la Lingua Francese, il prof. Poggi per la Scultura, la maestra Germana Bettelli per la Pittura, i professori Albertini e Maestri per l’attività motoria. Per la danza c’era la bravissima Isotta Baldini. Ricordo che, nella preparazione dei saggi per la danza, noi insegnanti cucivamo i vestiti per le bambine. Lo facevamo volentieri perché il direttore Draghicchio possedeva una virtù rara: riusciva a motivare le persone.
In una riunione ci disse che c’era molto da fare, ma che lui non poteva garantire la remunerazione di tutte le ore lavorate.
La stragrande maggioranza di noi accettò.
Io mi occupavo di Musica, il maestro Baldini di Cinema e Televisione.
Ricordo che la maestra Famigli si recava a “Radio Queen” dove faceva un radiogiornale con i bambini, poi c’era un’insegnante di ceramica di Piumazzo, di cui non ricordo il nome, molto brava.
[...]
In quegli anni vennero formati gli organi di partecipazione dei genitori previsti dalla nuova legge in materia. Ricordo che il primo presidente del consiglio d’istituto fu Rolando Simonini che si spese molto per organizzare attività fra le quali, ricordo, il Carnevale dei bambini.
Vi era un grande fermento fra i genitori anche se non tutti vedevano di buon occhio il tempo pieno: in particolare i cattolici erano molto critici.
Io credo che l’obiettivo di Draghicchio fosse quello di dare a tutti i bambini uguali possibilità di trovare la loro strada, e mi accorsi della bontà di questo progetto quando una bimba, che sembrava chiusa nel mondo dei sogni, nel laboratorio di disegno si trasformò.
Eravamo in novembre, viale Marconi era sommerso dalle foglie gialle dei tigli, e la maestra Bettelli disse ai bimbi di provare a disegnare quel viale.
Ebbene, quella bambina, con poche macchie di colore, fece un quadro bellissimo, il migliore. Poi crebbe, fece l’Istituto d’Arte e divenne una decoratrice di ceramiche.
Forse, senza l’opportunità dàtale dalla scuola elementare, non avrebbe trovato la propria strada.
Ricordo anche il primo incontro dello scultore Ascanio Tacconi con l’argilla: fece un animale tanto bello che sembrava vero, e si rese conto a scuola della propria vocazione per la scultura.
A quell’epoca per i bambini vi era una grande libertà di potersi esprimere.
[...]
La libertà dei bambini di esprimersi mi sembra giusta, perché nella vita non c’è solo il leggere e lo scrivere.
Uno studioso americano, Benjamin Spock, era per l’assoluta libertà dei bambini, ma poi ha dovuto ricredersi.
E c’era anche un metodo, il Boschetti-Alberti, che sosteneva che ogni bambino ha i propri tempi, e che in una scolaresca è impossibile che i 20 o 25 alunni capiscano tutti nello stesso tempo.
I migliori voleranno subito: si dovrà avere un po’ di attenzione per quelli che, prima di volare, dovranno un po’ starnazzare.
Secondo me l’arte di un maestro non sta tanto nel fare andare bene i più bravi, che in ogni modo comunque riusciranno, ma nel suscitare interesse per la scuola in coloro che non la amano o non sono molto dotati.
Forse non era sbagliato lo studio delle poesie a memoria, così come i compiti che prevedevano i pensierini, che comunque inducevano i bambini a riflettere, ma sono metodi ormai abbandonati.
Certamente i maestri di oggi sono molto preparati.
Forse è aumentato l’aspetto tecnico e programmatico dell’insegnamento rispetto alla libertà di espressione di cui parlavo prima.»

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