Una inesorabile decadenza
Con
Modena capitale della “Repubblica Cispadana” tramonta nel nostro territorio
“l’Ancien Régime”: la divisione territoriale in feudi e i privilegi dei
“Signori” vengono aboliti. La stessa sorte spetta agli stemmi, “Arme”, degli
aristocratici.
Non
tutto però si cancella. Il 1814, con la “Restaurazione”, pur non facendo rivivere
la vecchia struttura feudale, lascia spazio nuovamente alla preminenza delle
antiche Casate nobiliari, e fra queste quella dei Rangoni.
Già
si era precisato che nel 1812 la Rocca era tornata di loro proprietà, poiché
“bene allodiale” (privato) della famiglia.
I
Rangoni non soccombono; in Spilamberto continueranno a mantenere la loro
autorità: la ricchezza del patrimonio e la consistenza delle tasse fa si che a
chi più possiede, più potere è concesso. Questo accade, come in altri
territori, a Spilamberto, alla compagine di coloro, il “notabilato”, che
assumono le redini del governo del “Castello”.
I
Rangoni preferiranno risiedere a Modena, privilegiando le nuove costruzioni
nella città capitale del Ducato, dove componenti della famiglia ricoprono
importanti incarichi di governo. Ma il lustro che continua a circondare la
famiglia dei “vecchi Signori” non illuminerà più l’antico maniero: la Rocca, da
secoli emblema del loro potere, decadrà inesorabilmente.
Il
deterioramento non sarà repentino, si può parlare di un periodo di immobilità,
quando ancora la loro Corte e i loro ospiti illustri la sceglieranno come luogo
di villeggiatura, dove spesso si intrattenevano anche i più ricchi possidenti
del luogo.
Purtroppo,
come spesso era accaduto nei secoli precedenti, servì anche per stanziarvi
truppe, come segnalato in documenti del 1860.
La
Rocca rimaneva quindi, nei primi decenni dopo la “Restaurazione”, soltanto una
comoda residenza, in cui cercare di far rivivere un passato di splendori ormai
lontani, mentre gli interventi di restauro, per adeguamento alle esigenze del
tempo, risultavano mediocri: semplici affreschi alle pareti, trascurabili
riparazioni.
Accuse,
all’allora più importante esponente del Casato, Giuseppe Rangoni, vennero
pubblicate da un giornale modenese (1867):
“La rocca degli
antichi feudatari […] è […] riattata alla moderna e si cerchi invano i merli
venerandi […] si scorge un ridicolo cornicione […]. Ivi un signore potrebbe,
restaurando quella rocca, procurarsi una splendida villa, conservare un antico
monumento d’una famiglia possente e procacciare un ornamento al paese; ma
invece quella rocca cade in rovina, e ti piange il cuore la desolazione che
rivela”.
(Alcune informazioni sono tratte da: L. Balboni, P.
Corradini, “Rocca Rangoni a Spilamberto. Storia e destino di una fortezza”,
Maggioli Editore, 2017. Altra fonte documentaria importantissima è l’Archivio
Storico Comunale di Spilamberto.)
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