Documento presente all'interno dell'Archivio Storico del Comune di Spilamberto
Quella volta il
marchese non si era limitato ad una intimidazione, non c’erano di mezzo solo
rimproveri e l’espressione del suo risentimento; si era basato sicuramente su
chiacchiere che avevano deformato la realtà: “poca devozione nelle cose
spirituali”, “negligenza nella somministrazione dei S. Sacramenti”, queste le
accuse; per di più si era insinuato che nel “Castello” non si vivesse
cristianamente e nemmeno che le “Compagnie del S.S. Sacramento” e di “S. Maria
degli Angeli” assolvessero ai loro doveri. La minaccia del “Signore” era di
infliggere castighi ai “Ministri della S. Chiesa” presenti a Spilamberto.
I Consiglieri
del “Vecchio Comune” non accettarono i rimproveri loro rivolti dal marchese
Rangoni. Così, il 3 febbraio 1567, nel corso della riunione consiliare,
convocata appositamente, decisero di replicare a quelle accuse. La decisione
degli Amministratori fu quella di chiedere udienza per difendersi verbalmente
davanti a “Sua Signoria Illustrissima” il marchese: il lume del S. S.
Sacramento era pur sempre acceso, almeno quando i soldi c’erano. Giovanni
Ronco, Massaro della Compagnia, era ligio al proprio dovere. Come pure Gioanni
Francesco Scaramuzza, il quale aveva l’incarico di alimentare la lampada di S.
Maria degli Angeli, “per quanto potevano le forze economiche”.
Possiamo noi
oggi ricercare la discendenza dei nomi attuali da quei “nostri” antenati che quel
giorno, risentiti dalle critiche minacciose, decisero la giusta “missione di
difesa”:
Vincislao Pancetti (Massaro della
“Comunità”) Baldassarre
Corradino
Jacomo Alghisi Ambrogio
da Milano
Francesco Baesi Antonio?
Montevecchi
Marino Muradori Francesco
Maria Frarino
Alessio Bomfioli Mignano
Vandello
Pietro Giovanni Ronco Galeazzo
Rachello.
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