giovedì 15 giugno 2017

CARAMELLE DALL’ARCHIVIO / 44: UN’INVENZIONE ENOLINGUISTICA SPILAMBERTESE: “SQUASA BALA” (2)


(Sunto di un’intervista rilasciata da Alessandro Giusti)

Seconda ed ultima parte

[...] Per contribuire all’autofinanziamento fu fatta stampare una maglietta con la scritta “Squasa Bala”, mentre sulla schiena vi si leggeva: ”Sèt quèl tè? Mè an sò gninta” (un detto filosofico di Manganèl). Questa maglietta fu la protagonista durante una cena a cui partecipò anche un gruppo di medici di Modena. Una bella ragazza, dopo averla indossata, mangiato e bevuto, mise gli occhi su uno dei giovanissimi frequentatori del “ritrovo” e tanto fece che lo portò con lei a Modena, fino al mattino successivo.
Maglietta e clima anticonformistico che si respirava nel ritrovo avevano sconvolto i parametri culturali dell’epoca, quelli per cui era l’uomo che doveva fare la prima mossa.
Vennero sviluppate anche attività collaterali, come gite turistiche in corriera (famosa quella ad Orvieto) e partite di calcio giovani contro sposati.
Una fabbrica dismessa, luogo di grandi dimensioni, fungeva da “succursale”, quando venivano organizzate feste per le quali si prevedeva una grande affluenza. Lo staff di “Squasa Bala” si trasferiva in quel grande edificio nel quale avevano ricavato una bella cucina dove un tempo vi erano gli uffici.
Queste scorribande, però, non piacevano a Manganèl il quale volle ritornare all’iniziale spirito di semplicità.
A causa di qualche dissapore nato fra i frequentatori avvenne che un gruppo si staccò da “Squasa Bala” per fondare, a un centinaio di metri, “Amici del Panaro”, un’associazione regolarmente costituita e tuttora operante, che si può proprio dire nata da una costola di “Squasa Bala”.
Dopo questa divisione “Squasa Bala” continuò a vivere, seppure in modo ridotto, grazie soprattutto all’apporto dei più giovani; il suo ruolo di “ritrovo”, però, aveva subito una ferita, e il numero di frequentatori abituali si era di molto assottigliato, ma non in modo tale da provocarne l’immediata chiusura che, comunque, avvenne sul finire del Millennio.
Oggi dello “Squasa Bala” è rimasto qualche resto sulla sponda del Panaro: un colpo d’occhio per chi lo ha vissuto o ne ha sentito parlare. Ma quell’esperienza vive ancora nel menu del Bar Nazionale, ed ogni giorno molte persone leggono quelle due strane parole, quell’acrobazia eno-semantico-linguistica che ci ha consegnato Gualtiero Varroni, detto Manganèl, un cocktail bomba per chi se la sente di rivivere un’avventura alcolica!

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