(Sunto di un’intervista rilasciata da Alessandro Giusti)
Seconda ed
ultima parte
[...] Per
contribuire all’autofinanziamento fu fatta stampare una maglietta con la
scritta “Squasa Bala”, mentre sulla schiena vi si leggeva: ”Sèt quèl tè? Mè an
sò gninta” (un detto filosofico di Manganèl). Questa maglietta fu la protagonista
durante una cena a cui partecipò anche un gruppo di medici di Modena. Una bella
ragazza, dopo averla indossata, mangiato e bevuto, mise gli occhi su uno dei
giovanissimi frequentatori del “ritrovo” e tanto fece che lo portò con lei a
Modena, fino al mattino successivo.
Maglietta e
clima anticonformistico che si respirava nel ritrovo avevano sconvolto i
parametri culturali dell’epoca, quelli per cui era l’uomo che doveva fare la
prima mossa.
Vennero
sviluppate anche attività collaterali, come gite turistiche in corriera (famosa
quella ad Orvieto) e partite di calcio giovani contro sposati.
Una fabbrica
dismessa, luogo di grandi dimensioni, fungeva da “succursale”, quando venivano
organizzate feste per le quali si prevedeva una grande affluenza. Lo staff di
“Squasa Bala” si trasferiva in quel grande edificio nel quale avevano ricavato
una bella cucina dove un tempo vi erano gli uffici.
Queste
scorribande, però, non piacevano a Manganèl il quale volle ritornare
all’iniziale spirito di semplicità.
A causa di
qualche dissapore nato fra i frequentatori avvenne che un gruppo si staccò da
“Squasa Bala” per fondare, a un centinaio di metri, “Amici del Panaro”,
un’associazione regolarmente costituita e tuttora operante, che si può proprio
dire nata da una costola di “Squasa Bala”.
Dopo questa
divisione “Squasa Bala” continuò a vivere, seppure in modo ridotto, grazie
soprattutto all’apporto dei più giovani; il suo ruolo di “ritrovo”, però, aveva
subito una ferita, e il numero di frequentatori abituali si era di molto
assottigliato, ma non in modo tale da provocarne l’immediata chiusura che,
comunque, avvenne sul finire del Millennio.
Oggi dello “Squasa Bala” è rimasto qualche resto sulla sponda del
Panaro: un colpo d’occhio per chi lo ha vissuto o ne ha sentito parlare. Ma
quell’esperienza vive ancora nel menu del Bar Nazionale, ed ogni giorno molte
persone leggono quelle due strane parole, quell’acrobazia
eno-semantico-linguistica che ci ha consegnato Gualtiero Varroni, detto
Manganèl, un cocktail bomba per chi se la sente di rivivere un’avventura
alcolica!
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