giovedì 27 aprile 2017

PAGINE DI DIARIO / 17

1943, fotografia (raccolta privata) scattata nel cortile del “Vecchio Ospedale - Casa di Riposo per anziani”.

Fra le bambine sedute è individuabile Franca Santunione, la terza da sinistra; accanto a lei, alla sua destra: Luisa Longini, ...? Monti; alla sua sinistra: Anna Cavani, Mirella Cioni, Nora Nanni.
Dietro a M. Cioni e N. Nanni, in piedi, Franca Venturi; dietro, a ...? Monti e L. Longini, Franca Bergonzini.
Gruppo in alto, da sinistra: Adua Tacchini, Lidia ...? (non spilambertese, parente della nota maestra Goldoni), Franca Malferrari, Lucia Stradi, Ofelia Sirotti, Mitì Amadessi.
Persone adulte: a sinistra Margherita Simonini; a destra Mimma Graziati.
Le bambine stavano frequentando le lezioni di catechismo per prepararsi alla S. Cresima.
Si intravede, dietro a L. Stradi ed O. Sirotti, ...? Nunziata (addetta alla lavanderia del “Ricovero”).


Da “Per piacere non buttatemi via”, di Franca Santunione.


[...] Avendo avuto la fortuna di essere nata nel 1936, quando finì la guerra ero una ragazzina che andava verso gli anni dell’adolescenza.
Quelli erano anni belli per tutti, anche se per la maggior parte delle famiglie era ancora un problema riuscire a mettere insieme il pranzo e la cena; ma la fine della guerra aveva portato tanta allegria. Questa atmosfera si viveva in pieno perchè si trascorrevano le giornate più fuori che dentro casa.
Già in febbraio, grandi e piccoli, ci mettevamo al sole a riscaldarci come delle lucertole. Ci mettevamo seduti vicino alla Rocca così che il sole, riscaldando il muro, ci rimandava altro calore. Si risparmiava in questo modo un po’ di legna che sarebbe servita per arrivare alla fine dell’inverno.
Questo devono averlo fatto tutte le generazioni passate: quelle povere di sicuro, la mia è stata l’ultima.
Tutto stava cambiando.
Incominciava la fine del mondo che conoscevo e l’inizio di un mondo nuovo.
Mi piace pensare di essere vissuta in due mondi diversi.
Ho goduto del vecchio mondo e ciò che di lui mi piaceva di più erano le ore che si trascorrevano fuori casa.
Il paese, specialmente di sera, quando anche chi lavorava poteva uscire, sembrava sempre una festa. Si era quasi tutti fuori, compresi i nonni, anche se questi ultimi, spesso, si limitavano a stare seduti all’esterno della loro casa.
Di queste serate ne parlerò più avanti; ora voglio palare del giorno.
Il primo elettrodomestico che comprammo non fu la televisione, ma la lavatrice. Ricordo che la prima volta che la facemmo funzionare, io e mia madre ci siamo sedute davanti all’oblò come se stessimo guardando un film. Quando ci penso mi viene ancora da sorridere. Oggi questo può sembrare strano, ma allora sembrava un miracolo non dover più lavare i panni a mano. Prima per lavare si andava al lavatoio pubblico, soprattutto d’inverno, e in primavera e d'estate si andava nei piccoli corsi d’acqua chiamati canalini, e quando era possibile si andava al fiume.
Ecco un’altra cosa che mi piace del mio paese... il suo fiume... il Panaro: un fiume largo e bello con un ponte a nove arcate; quando eravamo piccoli questo era il nostro mare. Andare al mare, o in qualsiasi altro luogo in vacanza, per la povera gente era ancora una chimera .
Quando mia madre ci portava era sempre una festa. Lo era meno per lei e le altre madri perchè avevano sempre tanti panni da lavare.
In riva al fiume c’erano molti orti curati da persone anziane: si erano fatti tutti una baracca che serviva per gli attrezzi, e un po’ anche da cucina; spesso ci offrivano ciò che cucinavano. C’era una signora di nome Ida che ci dava del ciambellone molto buono, che lei chiamava gnoccone. Ma qualsiasi cosa offrissero era sempre ben accetta; un po’ per fame un po’ per golosità.
Anche questo è un mondo che non c’è più. Tutte quelle persone che ricordo con tanta simpatia sono già da tempo passate a miglior vita e quegli orti sono quasi tutti spariti. Anche il fiume è cambiato. [...]

Arrivederci alla prossima puntata!

lunedì 24 aprile 2017

NOTIZIE DALL’ARCHIVIO / 19: UN VOLUME DI “CARAMELLE”



Il 21 aprile scorso il pubblico, nella sala della ex Cittadella, ha applaudito calorosamente la presentazione del primo volume delle “Caramelle dall’Archivio” curato da “N.A.S.CO. a Spilamberto”. Dopo l’introduzione di Cesare Cevolani il microfono ha fatto un po’ le bizze, ma la presentazione di Criseide Sassatelli si è potuta ascoltare lo stesso, data la buona acustica della sala. Il generale apprezzamento ci ha fatto piacere, come pure le parole espresse in tono compiaciuto da un bambino presente: «È stato proprio interessante».
Durante l’incontro la relatrice ha illustrato le varie rubriche in cui sono inseriti i testi pubblicati settimanalmente sulla pagina Facebook di N.A.S.CO; Chirio Caprara ne ha letti alcuni ad alta voce.
Parlando di “SODDISFAZIONE” forse ci si dimentica che la parola deriva da satis (abbastanza) facere (fare) e che originariamente significava “pagamento di un debito” e “adempimento di un dovere”. Proprio questo è il nostro sentimento di soddisfazione nei confronti della serata e di ciò che speravamo esprimesse.
L’impegno di “N.A.S.CO.” su Facebook, legato all’Archivio e alla storia di Spilamberto, è volto ad aggiungere, ai tanti interessi che il mondo moderno ci impone, anche quello verso la storia del paese. Questo è pure il senso degli interventi che già per il terzo anno svolgiamo nelle scuole: spingere i giovani alla curiosità verso Spilamberto ed il suo territorio, interessarli, stimolarli a saperne di più. Ne vediamo i risultati negli atteggiamenti sensibili e stupiti nei confronti di ogni nuova scoperta.
Accendere la curiosità, dunque.
E, a questo punto, tralasciamo la storia e colleghiamoci al presente: “Curiosity”, ci informa T. Watt Smith, è il nome del veicolo NASA spedito ad esplorare la superficie di Marte!

P.S.: per chi fosse interessato, ricordiamo che il volume delle “Caramelle dall’Archivio” è in vendita e può essere reperito presso l’Associazione (scrivete a nascoaspilamberto@gmail.com) e in alcune edicole e cartolerie del paese.

mercoledì 12 aprile 2017

NOMINA NUDA TENEMUS / 6: SPILAMBERTO: NEL NOME UN DOPPIO DESTINO


Particolare dal Diploma di Corrado II conservato presso l’Archivio Capitolare di Modena.
Nella riga centrale si legge “Om(n)em decima(m) d(e) Fanano et Spinala(m)berti”


Comparendo nel Codice manoscritto della Vita di Sant’Adriano, lo spinum (il luogo caratterizzato da arbusti spinosi) e la spina (l’aculeo pungente avvelenato) hanno iniziato il loro doppio viaggio, che li porterà a turno a fondersi con un enigmatico personaggio, Lamberto, dando luogo ad un nome ancora una volta doppio: spina-lamberti o spinum-lamberti.

Questo nome viene confermato anche in un altro documento, contemporaneo alla citata “Vita di Adriano.”
Bisogna sapere che era consuetudine degli imperatori, durante il Medioevo, concedere terreni ad abati e vescovi. Corrado il Salico predispone così nel 1026 (perciò negli stessi anni della Vita Adriani) un documento, che consiste in un lungo elenco di territori concessi al Vescovo di Modena, all’epoca fiero rivale dell’Abate di Nonantola.

Nel Medioevo non esistevano le fotocopiatrici e tutti i documenti venivano duplicati dagli amanuensi; dunque nelle trascrizioni successive di un documento originale era facile manipolare il testo, togliendo od aggiungendo ciò che faceva comodo.

Questo è quanto probabilmente accaduto nel nostro caso: il Vescovo si è attribuito dei terreni e altre regalìe che invece erano probabilmente di pertinenza dell’Abate o comunque oggetto di contesa fra i due.
Nel nostro caso, si legge che al Vescovo è concessa “omnem decimam de Fanano et Spinalamberti”: ogni decima (ovvero il tributo consistente in un decimo delle rendite) di Fanano e Spilamberto.

Il Vescovo, probabilmente alterando il documento originale di Corrado il Salico, si attribuisce il controllo di tutto Spilamberto, mentre possedeva con certezza solo Corticella e San Vito; ciò significava pretendere il controllo su territori che l’Abate di Nonantola rivendicava invece per sé.

Ciò che più importa però è che agli inizi del Mille Spilamberto ha non solo un nome riconosciuto, ma anche una certa ricchezza economica, tale da attirare le avide mire del Vescovo e dell’Abate; i quali danno luogo ad una rivalità anch’essa caratterizzata dalla doppiezza, doppiezza che ci accompagnerà fin quasi ai giorni nostri.

Ritroveremo il nome del nostro paese in documenti di personaggi rilevanti negli anni a venire.

mercoledì 5 aprile 2017

CARAMELLE DALL’ARCHIVIO /42: “SPILAMBERTO BEL PAESE”


Per la poesia di “Raffaello” Lambertini, pubblicata la scorsa settimana, si è scelto di inserire l’immagine de “ al pordeg” dove si trovava “la drogheria dla Celestina”.
Oggi vogliamo ricordare una canzone composta da Astro Zanetti, da poco scomparso, che illustra il nostro “bel paese” e che ricorda anche quel portico.
Il nostro compaesano canta un aspetto profondo, una dimensione del paese piccola, leggera, ma ricca di intimità e di affetto. Le donne sono belle bambine, un complimento esplicito, e “al pordeg ed la Celestina” pur non rintracciabile in google map, indica una topografia paesana, rappresentata da una figura reale entrata nell’immaginario spilambertese: un personaggio locale, una bottega d’angolo, un portico, un luogo d’incontro.
Il nostro “Ponte non è di Bassano”, “non c’è Duomo, non è di Milano”, ma sostiene che Spilamberto è... un bel paese! Pur iniziando la canzone con negazioni ci porta a valutarlo: il paese è lontano dai grandi stereotipi, non ha bellezze paesaggistiche ed artistiche famose. La sua, la nostra Spilamberto, non è una cartolina da depliant turistici. Tutto questo però non è presentato come negativo, non è visto come una diminuzione di valore.
Spilamberto Spilamberto qui la vita si vive all’aperto”. Astro mette il bel paese in rima con questo aggettivo e ci spinge a varie interpretazioni al di là della sua apparente semplicità. Vivere all’aperto rappresenta per prima cosa un riferimento al bel clima, alla predisposizione ai contatti sociali, all’amicizia, all’incontro. Coglie però anche un aspetto più profondo del paese, quello di un luogo da sempre posto su un confine, perciò di contatti, di scambi; luogo di intrecci, di apertura e di dialogo.
Bel paese gentile e cortese dove ognuno è conte o marchese”, “ la Rocca, le torri, un Torrione” sono l’orgoglio di un passato importante, di una storia rilevante che si legge ancora negli edifici, nelle chiese, in tutto il territorio.
Nella canzone c’è tutto il nostro paese, un paese non perfetto, ma caldo, aperto, socievole, con proprie ricchezze “grandi aceti, lambruschi, sapori”, dove i piaceri del palato minimizzano le carenze “ma pochi dottori”.
Forse, però, la scarsità dei dottori non indica una mancanza, ma il pregio di un luogo salutare di gente sana che, canta Astro, in tono lievemente risentito, non è “gente strana”!