lunedì 30 marzo 2015

CARAMELLE DALL'ARCHIVIO / 15: SPILAMBERTO, GRIDA TRA LA FOLLA



Una folla, come tante altre domeniche, percorre distrattamente la strada tra le due chiese; molti, però, tengono in mano rami d’ulivo: ma certo, è la “Domenica delle Palme”!
Riavvolgiamo la linea del tempo e sulla stessa strada, nello stesso periodo, qualcuno grida:

«Udite, udite!». Si trova presso la “Colonna rossa”, un tempo collocata in un vertice delle “quattro arie”, l’incrocio stradale fra le due importanti chiese di Spilamberto.
Sopra a quella Colonna erano sempre appese le Gride, le disposizioni che conveniva rispettare: la marchesa Bianca Rangoni era determinata nell’esigere che nel suo Feudo la vita fosse minuziosamente regolata .
La voce continua a gridare, impone i comportamenti;
non ci saranno scuse per chi non sa leggere, e chi trasgredirà non avrà scampo, sarà punito.
L’anno precedente, il 1614, durante la “Settimana Santa”, gli ebrei residenti erano stati offesi e minacciati dai cattolici: sassi scagliati contro le loro finestre e ingiurie vergognose nei loro confronti. Erano violenze che si verificavano anche in altri luoghi, ma Bianca, la “Signora”, governatrice di Spilamberto, non voleva che questo fatto si ripetesse, richiedeva che nel suo Feudo vigesse il rispetto della quiete.
Questo va gridando il banditore. Ma un messaggio è indirizzato anche agli ebrei: devono rimanere nelle loro abitazioni fino allo “scioglimento delle campane”, quando la “Settimana Santa” si sarà conclusa.
Nella strada, oggi, continua il via vai delle persone con l’ulivo, ma riecheggia ancora quella voce... proviene dall’Archivio, dai suoi documenti che, se ascoltati, ci fanno quotidianamente rivivere il passato nel presente.
La suggestione può essere forte!

mercoledì 25 marzo 2015

CARAMELLE DALL'ARCHIVIO / 14: ROCCA DELLE MIE BRAME

Terza puntata


Incontri segreti in Rocca


«È successo... voglio ricordarlo, nessuno sapeva, io sì.
Voglio che se ne faccia memoria, ma come?... accadrà al giungere della notte... sì, stanotte lo farò!»

E il Commissario, Nicolò Maria Pelli, lo fece. La presunzione di aver avuto il privilegio di assistere ad un fatto di grande rilevanza lo indusse a prendere la decisione... ed aveva colto nel segno!
Tutto è ormai silenzio nella infinita teoria di stanze, gallerie, vestiboli e corridoi della Rocca.
È notte fonda. Accende il lume e sale la stretta e tortuosa scala a chiocciola che dal piano ammezzato conduce al piano nobile, quello del suo “Signore”, nel lato nord est. Pelli, però, si ferma prima di quegli appartamenti. Trova un appoggio per il lume in un angusto ambiente, quasi un incavo, adiacente alla scaletta: qui lascia la sua testimonianza.
Resta di questa sua intenzione un graffito, leggibile ancor oggi in parte:

"10 Maggio 1514. Fu qua lo illustre signor conte Guido Rangoni
conducero del nostro signore papa Lione [...] locotenente lui [...]
eccellentissimo Iuliano de Medici qui retornava a Roma [...]".

Ma noi posteri cosa possiamo dedurne?
Fu un incontro cruciale, importantissimo per i casati Rangoni e De’ Medici e per il rafforzamento del loro potere.
Guido Rangoni, condottiero del papa Leone X, e il fratello di quest’ultimo, Giuliano De’ Medici, si incontrarono proprio in quel preciso giorno ed anno, nella Rocca di Spilamberto. L’intenzione era stata strategicamente occultata da una trama di movimenti e rapporti minuziosamente calcolati. 
Le mosse future dei rispettivi Casati sarebbero state influenzate in modo determinante da quegli accordi segreti. Ma qualcuno furtivamente li osservava.
La Rocca diventa così protagonista di un importante evento e,  pur dopo cinquecento anni, ce lo svela attraverso le parole incise, ci conferma il suo intenso passato che ancora oggi continuiamo a scoprire. È questo uno dei tanti suoi modi di essere presente nella vita quotidiana degli spilambertesi.

giovedì 19 marzo 2015

NOTIZIE DALL'ARCHIVIO / 9: CLASSE II MEDIA: I RANGONI E IL MAIALINO



«Anche mia nonna possiede un castello» dice un ragazzo. Ma abbiamo già chiarito che “Castrum” a Spilamberto non è il castello a cui si pensa generalmente, ma il territorio compreso dentro le mura. Stiamo parlando del Medioevo con gli alunni delle due seconde medie che partecipano al nostro viaggio nella storia di Spilamberto. È anche un viaggio reale nel paese, con tre guide scelte tra i ragazzi stessi e che trascinano il gruppone.
Inaspettatamente un alunno indica il Museo dell’aceto balsamico e un suo amico piccato risponde: «So leggere», riferito alla targa all’ingresso. È la vecchia Villa Fabriani.
Abbiamo invitato i ragazzi a cercare prima sulla carta, poi nel paese, gli edifici storici.
Davanti al Torrione qualcuno dice: «E messer Filippo?»  indicandolo come “lo spirito”. La leggenda spunta sempre: chiariremo la prossima volta, il programma di oggi è ormai troppo intenso.
Il ragazzo dello Sri Lanka, uscito spavaldo nell’aria ancora gelida con la sola camicia, mi dice che anche nel suo paese ci sono delle torri.
Ormai siamo davanti all’antico Palazzo Rangoni (là, dove gli spilambertesi dicono di trovarsi “sotto il portico di Bondi”!): a metà del Quattrocento era splendido, nel suo interno la ricchezza e la “cortesia” affascinavano gli ospiti.
Un attento alunno ci indica in lontananza la sconsacrata chiesa di S. Maria, inconfondibile, incoronata com’è da tempi immemorabili dalle sue impalcature.
Immediatamente ecco qualcosa di interessante, di cui si era parlato in aula, però ora invisibile; la guida adulta la localizza con l’immaginazione: è la “Colonna rossa”, ed anche di questa si parlerà poi.
Il vento leggero della storia ci spinge nella corte d’onore della Rocca, dopo aver con fatica individuato sulla pavimentazione i segni dello scavo ora ricoperto ... clic! scatto fotografico di tutti noi dentro il perimetro che indica la collocazione del nucleo originario, la prima torre; ma... non c’erano nemici da avvistare, solo la preoccupazione di comparire in quella fotografia che ci ricorderà quel giorno.
Vinta la lotta con le serrature ed entrati nell’altra più recente ala, è stato facilissimo individuare la “R”, il documento materiale-visivo che rievoca i proprietari: i Rangoni.
Proprio su di essi era imperniata la lezione, questa famiglia vissuta per molti secoli in simbiosi con il paese. Per introdurre la loro importanza si erano proiettate diapositive, fra cui quella del vicino Castelnuovo, pensando che i ragazzi ne avrebbero completato il nome: C. Rangone; ma al nome Castelnuovo essi hanno associato in coro “il maialino!”. Così la nobile casata è stata spodestata da quella piccola statua che in mezzo alla piazza si presta pazientemente alle continue attenzioni di bambini e passanti. La maestà del casato era però stata ripristinata dai ritratti dei vari Signori, in particolare quello di Guglielmo II, che esibiva un colletto di preziosa pelliccia. Impietosa, però, Criseide ha spiegato che la funzione del pregiato colletto era anche quella di attirare, al “caldino”, cimici e pidocchi, che abbondavano sulle persone di allora, poco amanti della pulizia, se è vero, come si dice, che il Re Sole in tutta la sua vita ha fatto il bagno solo tre volte!
È tardi, bisogna tornare a scuola; usciti dalla Rocca troviamo l’ex maggiordomo degli ultimi Marchesi che ci osserva; lo salutiamo gentilmente. Bisogna affrettarci.

lunedì 16 marzo 2015

CARAMELLE DALL'ARCHIVIO / 13: VEDO DOPPIO EPPUR SON SOBRIO: SPILAMBERTO E LA CABALA DEL DUE

Prima parte


Incontriamo il DUE già analizzando il nome “spinum Lamberti”.
Il paese è legato al numero DUE, che ben presto si rivela un segno di rivalità, opposizione, divisione; certo non di amicizia e fraternità.

Vediamo alcuni di questi “doppi”.

1°. Prima della costruzione del Castello, il territorio, che si qualificava con lo stesso nome “spinum Lamberti”, comprendeva oltre al desolato e desertico “spinum” anche quello che i documenti chiamano “Verdeta”, un giardino ricco di vegetazione, acque e selvaggina dove il re cacciava.

2°. La prima comparsa del nome del paese vede a confronto, quasi in “lotta”, DUE documenti degli inizi dell’ XI secolo:
- un manoscritto nonantolano, un testo in poesia in cui compare Lamberti spina;



 - un diploma dell’imperatore Corrado II in cui troviamo scritto “Spinalãberti”;





3°. DUE anime accompagnano Spilamberto nel corso della sua storia.
Nel passato il territorio era diviso tra l’Abate di Nonantola e il Vescovo di Modena; quest’ultimo esercitava inizialmente il suo potere su San Vito e Corticella. 
Altro sdoppiamento territoriale lo ritroviamo nella posizione del paese, continuamente situato su un confine: in un primo tempo tra Longobardi e Bizantini, ed in seguito tra Impero e Papato.
In tale contesto i conflitti e le scaramucce non mancavano, come pure le fiorenti attività di contrabbando e le frequenti scappatelle di ragazzi e ragazze, incuranti degli “schieramenti partigiani”.
Fino al 1860 il confine rimase a dividere i DUE poteri di Modena e Bologna, le cui autorità politiche non potevano impedire “affari sottobanco e figli illegittimi” di chi, per interesse o per amore, non si sentiva partecipe di questa disputa.

Ora vi lasciamo e arrivederci alla seconda parte de “La cabala del DUE”!

lunedì 9 marzo 2015

UNO STRAPPO NELLA MEMORIA / 1: SPILAMBERTO NELLE PAROLE DI MALIKA?


“NOSTALGICO PRESENTE”,

il pezzo che Malika Ayane ha cantato al Festival di San Remo, in un certo senso parla di Spilamberto.
Molto strano, direte!
Cosa significa un “nostalgico presente”?
Certamente si riferisce ad una situazione attuale, caratterizzata dal dolore per ciò che non si ha, che si è perduto, e di cui si ha nostalgia.
Ma, che cosa è la nostalgia?
La parola nasce nel ‘600 ed è formata da due termini greci: “nostos”, che significa “ritorno”, e “algia” che significa “dolore”.
Ed ecco un personaggio al quale attribuire questa intensa sensazione: Ulisse... è il sentimento che egli prova lontano dalla patria, desiderando disperatamente di ritornarvi.
La parola ha assunto diverse sfumature nel tempo. Ad esempio, per i Romantici essa non riguarda un luogo, ma un tempo e il sentimento dolce-amaro del proprio passato.
Per chi vi scrive, però, la nostalgia è quella provata da Ulisse, e può rappresentare la metafora del nostro Archivio Storico trasferito a Vignola.
Questo è il nostro “NOSTALGICO PRESENTE”, è questo uno dei motivi per cui, ogni settimana, raggiungiamo i lettori per raccontare la storia, a “Caramelle”, del nostro paese, che per 800! anni ha conservato con passione e costanza la propria memoria nei documenti dell’Archivio.
E ... Malika ci ha fatto ricordare che non solo si può provare nostalgia per una persona o un luogo, ma anche per ciò che ci testimonia il nostro passato, che ci può spiegare il presente e che ci crea un’identità.
Il nostro Archivio deve tornare!

CARAMELLE DALL'ARCHIVIO / 12: ROCCA DELLE MIE BRAME


Seconda puntata

Se lasciate spazio alla fantasia e vi avvicinate a Lei...sentirete anche voi: la musica!
La musica cambia l’immagine della severa Rocca. Viene dall’interno, dalla “Stanza degli sposi”.
No, no, no, non è quella del castello dei Gonzaga a Mantova dipinta dal Mantegna, ma è qui, a Spilamberto, proprio dentro la Rocca!
Entriamo e andiamo a vederla.
La stanza ha la vista sul Panaro, verso est. Immaginiamola alle prime incerte luci dell’alba, avvolti dal verde silenzio del parco.
Lì ci sono gli affreschi di putti alati musicanti, eroti simboli amorosi, che suonano e tengono incantato Pegaso, il cavallo alato. La loro magia avvolge anche noi.
La stanza fu affrescata in occasione del matrimonio di Nicolò Rangoni e Bianca Bentivoglio, figlia del “Signore” di Bologna. Era il lontano 1479.
Torniamo però alla realtà, per dire: gli affreschi vennero asportati dalla fascia alta delle pareti poco prima dell’Ultima guerra mondiale. Per preservarli dal degrado ora sono in parte conservati dal Comune di Spilamberto e in parte dall’ultimo discendente dei marchesi Rangoni.
Lasciandoci, un’ultima volta, trasportare dalla delicata armonia del flauto e quasi imbrigliati, come Pegaso, dal seducente festone, torniamo alla storicità della rappresentazione: l’affresco ci dice che, in quel momento, si stava attuando un percorso di ristrutturazione della Rocca, la quale, da fortilizio, si avviava a diventare una residenza signorile. Sarebbe diventata confortevole luogo di soggiorno dei Marchesi e dei loro importanti ospiti, che da varie parti della Penisola avrebbero raggiunto la Spilamberto degli anni e dei secoli futuri.
E noi, da queste pagine, vi racconteremo la loro storia.
Arrivederci a presto.