mercoledì 30 novembre 2016

IL VECCHIO COMUNE SI RACCONTA / 3°: LA “VOCE” DEL COMUNE DI SPILAMBERTO


La “Comunità” di Spilamberto aveva la possibilità di prendere decisioni, di far sentire il proprio parere, di interloquire con i poteri forti di allora: il “potere di banno” del marchese Rangoni, ma anche degli Este, duchi di Modena e Ferrara.
Questa era la “voce” della “Comunità” che è stata documentata e che ha dato vita all’Archivio Storico Comunale del paese e alla sua straordinaria ricchezza.
Avere la possibilità di esprimere le proprie opinioni non significava, però, averla sempre vinta sulle imposizioni e le richieste dei poteri superiori.
Il 23 febbraio 1561 la “voce” non riuscì ad avere la meglio nei confronti degli Este.
Nell’edificio detto la “Sega” a Spilamberto, di proprietà Rangoni, si trovavano travi ed assi di legno e il governo modenese era interessato ad averli. A questa imposizione dovettero cedere i Consiglieri riuniti. Ma il danno non si limitava al materiale. C’era pure la spesa del trasporto, i cosiddetti “carreggi”. In quel caso se ne dovettero incaricare i mezzadri dei privilegiati spilambertesi, cioè di coloro che avevano il diritto di non pagare le tasse, gli “esenti”, ovvero i nobili Rangoni, i frati e le suore. Si trattava di denari e animali per trasferire il legname.
Fu sicuramente un abuso, un’imposizione, quasi una pena da scontare. In quei giorni le braccia di quegli uomini non vennero destinate ai lavori dei campi, ma al servizio di “Sua Eccellenza il Duca”.
Per noi, oggi, c’è però un dato positivo: conosciamo i nomi dei “fortunati” prescelti ed è un’occasione per individuare nomi di “antichi” spilambertesi!
Eccoli:

-          Alcuni componenti della famiglia Berselli, mezzadri delle “Suore di San Paolo” e dei Rangoni
-          Jacomo Vezzale (Giacomo Vezzali)
-          Antonio Solmo (Antonio Solmi)  
-          Pedro Antonio Selingardo (Pietro Antonio Silingardi)
-          Matteo Solignano
-          Pedro Cuzano (Pietro Cusano)
-          Zuliano de Selmo (Giuliano Selmi)
-          Baldissera Bersello (Baldassarre Berselli)
-          Domenico Caretta  (Domenico Carretta)
-          Pedro Adani (Pietro Adani)
-          Zoanno da Rola (Giovanni Roli)
-          Zan Francesco Chechini (Gian Francesco Chechini o “Cecchini”?)
-          Zoanno Bavalotto (Giovanni Bavalotto)


Nell'immagine: mappa (1761) della zona compresa tra l’Oratorio di S.Pellegrino, il fiume Panaro, il “Castello” e abitato di Spilamberto e il canale del Diamante. Il cerchietto rosso indica i campi di proprietà delle suore di S. Paolo di Modena. Documento presente nell’Archivio Storico Comunale di Modena.

mercoledì 23 novembre 2016

SPILAMBERTESI DA RICORDARE / 6°: GERMANA BETTELLI


Ancora fra noi

Provincia di Modena, lunedì 19 settembre 2016: iniziava la settimana dedicata alla “Poesia”, il festival che ogni anno percorre vari paesi del nostro territorio.
Spilamberto iniziava con un tributo ad una nostra cittadina: Germana Bettelli.
Il “Cortile d’onore” della Rocca, fra tante presenze, ha accolto le celebrazioni di questa persona che nel silenzio ha scritto la sua vita, coltivando la sua arte nella riservatezza, pur essendo un personaggio pubblico: era un’insegnante. Una maestra che con le proprie competenze, sensibilità e doti ha regalato moltissimo a quella scuola a “Tempo pieno” di Spilamberto che, negli anni Settanta, era diventata il centro propulsore di un nuovo metodo ed organizzazione di insegnamento.
All’interno di questa scuola all’avanguardia e nei laboratori artistici da lei diretti, riusciva a far emergere in una serena naturalezza le personali doti di ogni alunno, a gratificare le loro produzioni con la soddisfazione appagante di aver creato opere uniche, personali, che tutti poi avrebbero potuto ammirare nelle mostre appositamente allestite.
Germana, nata a Spilamberto il 27/10/1934 e morta nel proprio paese il 26/08/2013, era una pittrice.
Un’artista la cui arte si esprimeva nell’armonia delle sue visioni, sensazioni, sentimenti espressi tangibilmente sulle tele, in cui gli stessi colori rivelavano l’interiorità del momento della creazione.
Il suo sentire non si limitava ad essere espresso con i pennelli. La poesia è stata un suo linguaggio muto, per lasciare sulla carta ciò che la voce non riusciva ad esprimere verbalmente.
Poesie silenziose, le sue.
Conosciamola anche attraverso una di queste:

 La mia commedia

Mi piace essere sola
coi miei pensieri.
Salgono allora
dal vuoto del tempo
le voci e i volti
di chi è rimasto
dentro al mio cuore
e fanno insieme
una commedia vera,
viva di luci,
calda di colori.
I minuti che passano
hanno gli stivali
delle sette leghe.


Nell'immagine: “Vegetazione” o “Libellule”. Olio su tela: realizzazione di Germana Bettelli.

mercoledì 16 novembre 2016

“PAGINE DI DIARIO” / 12

Da “Quel Piazzale della mia infanzia”, di Laura Bertarelli (stampato nel maggio del 2005)
Parte quinta

[...] La nonna Ida non era molto religiosa nel senso di praticante, ma la rettitudine morale, l’onestà, i buoni principi, il bene verso il prossimo erano così tanti che supplivano alle altre mancanze. Era una donna combattiva, politicamente impegnata, antifascista convinta e fino alla morte ha tenuto fede alla sua idea.
La sua mamma, che si chiamava Rosa, morì sfinita dai tanti parti e per i patimenti dovuti a una vita di fame e miseria.
Ci raccontava di quando, bambina con i suoi dieci  fratelli, il padre non lo prendevano a lavorare in campagna perché erano in troppi e per essere accettati, quando arrivava il padrone, dovevano nascondere i fratellini più piccoli nella cassa del granoturco.
Mangiavano quasi sempre polenta, qualche volta con una saracca.
Il loro padre si chiamava Filippo “Flipein”; per poter lavorare, ogni tanto partiva per la Romania con delle spedizioni di uomini che andavano ad abbattere alberi, in  seguito vendette pentolame alle case con un carrettino a mano.
Proprio per questo fu sempre schierata dalla parte dei più deboli e poveri e come poteva li aiutava.
Era stata in prima fila nelle lotte socialiste, partecipava alle riunioni antifasciste e portava nelle manifestazioni la bandiera. Fu messa in guardina per qualche giorno perché sferrò un calcio a un carabiniere che voleva bloccarla.
Una volta andò a una riunione politica con il suo papà, ormai anziano, a un certo punto intonarono l’inno fascista, gli uomini dovevano alzarsi in piedi e togliersi il cappello, lei non volle che suo padre lo facesse, infatti fu l’unico a tenerlo in testa.
Un’altra volta una squadra di fascisti andarono a prelevare un uomo, suo vicino di casa, sospettato, un socialista, per picchiarlo e dargli da bere l’olio di ricino.
Solo lei si mise davanti a loro, tra lo spavento dei familiari rintanati in casa, maledicendoli perché facevano del male a un  uomo che non aveva fatto niente a nessuno.
Era molto determinata, fu minacciata più volte, ma non fu mai nemmeno sfiorata, incuteva rispetto.
Aveva perso tre fratelli giovanissimi nella prima guerra mondiale, uno è sepolto a Redipuglia e due furono dati per dispersi, uno di questi era il padre di Ermes, il quale prima di ripartire dopo una breve licenza, esternò alla nonna che lo accompagnava il dispiacere di lasciare i suoi due figli perché sicuramente non sarebbe più tornato.
La salutò con gli occhi velati di una infinita tristezza ben consapevole che non l’avrebbe più rivista, e così purtroppo è stato. [...]

(Arrivederci alla prossima puntata)

[Nell'immagine: La nonna di Laura, Ida]

mercoledì 9 novembre 2016

CARAMELLE DALL’ARCHIVIO / 40: NAPOLEONE BEFFATO DAGLI SPILAMBERTESI


A partire dal 1796 Spilamberto diventa una municipalità del Dipartimento del Panaro, che sarà parte, più tardi, della Repubblica Cisalpina. Al potere sono i francesi di Napoleone. Questi esportano da noi gli ideali della Rivoluzione Francese: titoli e privilegi feudali sono annullati; Rangoni da marchese diventa l’ex feudatario: i possedimenti feudali, tra cui anche la Rocca, e altri diritti che portavano introiti passano alla “Nazione”. “Libertà, Uguaglianza” diventa l’intestazione di tutti i documenti ufficiali.

Ma i francesi si rivelano anche degli insaziabili predatori. Oltre ad impadronirsi di numerose opere d’arte, procedono alle cosiddette requisizioni, richiedendo continuamente, anche a Spilamberto, ogni tipo di bene: soldi, naturalmente, porci, buoi, montoni e anche coperte, paglioni e così via. Un bel salasso per la nostra economia.

L’11 ottobre 1798 l’agente dei Beni Nazionali incarica una persona “proba e onesta “ di requisire al convento delle Cappuccine di Spilamberto due botti garantite in ottimo stato. Vengono sequestrate due botti “ben turate e fermate con chiodi nei cerchi” e portate al fabbricato della concia e di qui a Modena, dove sono “poste in acqua” (cioè su barca fino a Finale, poi inviate a Mantova, città che le truppe di Napoleone stanno assediando).
Il 28 dicembre dello stesso anno l’agente dei Beni Nazionali scrive alla Municipalità di Spilamberto che le botti spedite a Mantova sono tutte “fraude” (cioè sono vecchie, schiodate e perdono liquidi). Si chiede poi il nome delle persone che le hanno garantite di ottima qualità e capaci di contenere i liquidi.

Non si conosce il finale della vicenda, ma si tratta di una beffa che Spilamberto ha rifilato a Napoleone. Ci piace pensare - ce lo dovete permettere - che quegli spilambertesi se la ridessero sotto i baffi…

[Nell'immagine: Napoleone visita Spilamberto, disegno di G. Cevolani da S. Cevolani, "Storia di Spilamberto a sonetti", Istituto Enciclopedico Settecani, 2003]

mercoledì 2 novembre 2016

CARAMELLE DALL’ARCHIVIO / 39: UNA CORONA PER I CADUTI



File di macchine parcheggiate davanti al Cimitero di via Ghiarole, viavai di persone dentro e fuori i cancelli, negozi e bancarelle di fiori presi d’assalto… difficile non accorgersi che oggi ricorre la cosiddetta “Festa dei morti”. Una commemorazione certo triste, ma che tutto sommato si inserisce in una vita quotidiana che mantiene i propri ritmi consueti.

Lo stesso non si può dire per il medesimo giorno di cent’anni esatti fa.
Il 2 novembre 1916 l’Italia sta vivendo il diciottesimo mese di guerra, e i segni dell’eccezionalità dei tempi sono visibili ovunque, anche a chi si affacci al Cimitero. L’anno precedente l’Amministrazione comunale aveva addirittura faticato a far trovare il camposanto in condizioni accettabili, dal momento che il becchino era stato richiamato sotto le armi e non si era riusciti a trovare nessuno che lo sostituisse adeguatamente.

Il 2 novembre 1916 è ancor più importante che il Cimitero sia in ordine, perché deve ospitare la commemorazione ufficiale dei «gloriosi morti Spilambertesi caduti per la patria» durante la guerra in corso.
Nei pressi delle Quattro Arie si è formato di buon’ora un imponente corteo proveniente parte dalla piazza di fronte al Municipio [attuale piazza Roma], parte dalla Chiesa di San Giovanni. La processione avanza in un rispettoso silenzio, rotto solo dalle salmodie intonate dal clero e da qualche occasionale schiamazzo dei bambini della scuola e dell’asilo posti ad aprire la processione.
Al centro del corteo, due ufficiali nelle loro divise oggi impeccabili portano verso il Cimitero una splendida corona di metallo: molti spilambertesi, pur nelle enormi difficoltà provocate dalla guerra, hanno voluto contribuire all’acquisto. La corona è seguita da un picchetto armato di soldati del 2° Artiglieria Campale, uomini sui trent’anni, provenienti da tutta Italia, in paese per addestramento prima di essere inviati al fronte.
Dietro di loro sfilano le autorità – il Sindaco e gli Assessori, insieme ai Presidenti della Società Operaia e della Cassa di Risparmio – mentre gli stendardi di Scuole, Asilo ed altre associazioni del paese si alzano verso il cielo grigio. Una grande folla chiude il corteo: tutti o quasi i presenti hanno un figlio, un fratello, un padre al fronte; decine di loro hanno già perso una persona cara a causa della guerra.

Al Cimitero i discorsi ufficiali seguono alle preghiere: parole d’occasione, in cui le giovani vite spezzate sono definite «nobili e preziose esistenze» di quanti hanno versato il proprio sangue affinché esso «sia semenza di nuovi e più grandi fatti».
A metà mattina la folla di dirada, le bandiere vengono riposte. Nel Cimitero la corona di metallo offerta ai caduti brilla al pallido sole di novembre. Saranno necessari altri due anni prima che venga posta fine all’elenco dei caduti che essa commemora.


[Le informazioni sono tratte da C. Cevolani, “Dal Panaro al Piave”, Istituto Enciclopedico Settecani, 2016]

[Nell'immagine: processione lungo via S. Giovanni; si ringrazia Roberto Vecchi per la fotografia]