mercoledì 6 dicembre 2017

LA MEMORIA IN TAVOLA: LE RICETTE DI MARNA / 6

Pani neri di Natale di Antonietta



(Pastello di Cristina Grandi)



Seconda parte


[...] I “Pani di Natale” vanno preparati 10/15 giorni prima della ricorrenza.
Per tre pani neri occorrono:
500 gr. di farina per dolci setacciata con il lievito, 2 cucchiai di miele millefiori, 50 gr. di burro, 100 gr. di zucchero, 2 uova, doppia dose (due bustine di lievito chimico), 1 tazza piena di frutta secca (mandorle, noci, nocciole, arachidi) tritata grossolanamente a coltello, 3 fichi secchi tagliati a cubetti, 1 manciata di uvetta ammorbidita nel sassolino, sassolino, saba, frutta candita per guarnire.
Si impastano tutti gli ingredienti aggiungendo tanta saba quanto basta per ottenere un impasto molto morbido, quasi appiccicoso.
Imburrare 3 alti contenitori in alluminio da 20 cm. x 12, infarinarli bene e suddividervi l’impasto, guarnire con la frutta secca, metterli in forno preriscaldato a 200 °C con umidità all’interno, proseguendo a 180 °C per 45 minuti.
Appena tolti dal forno, spennellarli con una miscela in parti uguali di sassolino e saba.
Riporre i pani neri in luogo fresco e mantenerli morbidi spennellandoli nuovamente ogni tre/quattro giorni con il sassolino e la saba.
Solitamente un pane sparisce prima che arrivi il Natale, ma gli altri non mancano mai sulla tavola delle feste.
Alcuni anni fa sono tornata all’ex forno Baccolini, sono entrata, ho parlato del ricordo che avevo e mi hanno lasciato entrare nella zona dei forni: l’ambiente mi è sembrato piccolissimo!
«Avete modificato la stanza ?», ho chiesto.
«No», è stata la risposta.
Uscita in strada mi ha preso una nostalgica malinconia; il forno non era rimpicciolito, ero io che ero cresciuta.
La saba, per chi non la conosce, è un ingrediente molto noto dalle nostre parti; non è altro che mosto di uva fatto cuocere molto lentamente fino a quando non si è ridotto di un terzo. Per impedire che si attacchi sul fondo vi è l’usanza di aggiungere tre noci ben lavate. Per l’alta concentrazione zuccherina, che subisce durante la cottura, si conserva in recipienti con chiusura ermetica senza la necessità di una sterilizzazione.
Mia madre dice che quando era bambina con la saba condivano la polenta; io ricordo che versata in un bicchiere colmo di neve diventava una straordinaria granatina.
Mentre torno indietro nel tempo con la memoria, ricompaiono nel ricordo gli utensili della cucina: la stufa a legna, il fornello con la bombola a gas, “la giazarèina” poi “Lei”, il primo forno casalingo, la Petronilla. Era, questa, un tegame in alluminio, alto, rotondo, con un coperchio ermetico in parte di vetro per potere controllare l’interno; era dotata di un cavo elettrico e, una volta collegata alla
corrente, si scaldava e vi si potevano cuocere gli alimenti, soprattutto crostate e ciambelle.

Come sono cambiati i tempi! Mi sembra ieri, ma sono trascorsi cinquant’anni!

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