mercoledì 8 novembre 2017

PAGINE DI DIARIO / 21

Da “Ricordi di una ragazzina”, di Liliana Malferrari
(stampato nel dicembre del 2015)


Parte quinta



(Fotografia di via Obici, ripresa dal lato nord.)


[...] Vorrei poter spiegare come era via Obici: una strada fatta di sassi, un portico bellissimo, una fontana all’inizio dei portici. Sempre all’inizio del porticato c’erano i gabinetti pubblici, sempre con tanta puzza. In via Obici c’erano tante “canole” alle quali si accedeva dalle abitazioni dei “birocciai”. C’erano le stalle con i cavalli, le sue “aldmere”. C’erano anche topi grossi come gatti, ma pochi gatti, perché in inverno molta gente li mangiava. È successo anche a noi.
A quel tempo si andava a prendere l’acqua alla fontana, con dei secchi. Nessuno aveva l’acqua in casa. L’acqua serviva per fare da mangiare e per lavarsi. Serviva per tutto. Dopo averla adoperata, ti serviva un altro secchio per metterci quella sporca e la portavi giù, nella fogna. Qualche abitazione aveva il pozzo: con una corda mollavi giù nel pozzo un secchio e lo tiravi su pieno.
Alla fine del portico c’era una osteria chiamata “Bucler”. Lì facevano anche qualcosa da mangiare.
C’era gente che suonava la chitarra e un mandolino e cantavano gli stornelli. Nella sua miseria era una via di gente allegra, ma anche strana. Sarà sempre la mia bella via Obici!
Nell’aprile del 1945 finì la guerra, ma non la fame. Avevo dieci anni e cominciò un altro periodo nero, ma piano piano si cominciò a ricostruire e cominciai a lavorare. Al mattino andavo a scuola, facevo la quinta elementare, e di pomeriggio andavo da una signora a badare a una bimba piccola. La portavo a spasso poi le preparavo la merenda: era un biberon di latte e dovevo metterci dentro quattro biscotti, ma due li mangiavo io di nascosto (però la bimba è cresciuta bene ugualmente).
Non avevo tanto tempo per giocare, così un giorno pensai di prendermi una vacanza e feci cabò. La mia cara amica Elettra aveva avuto il tifo e così non andava più a scuola. Tutti i giorni portava la sua papera a mangiare su un’altura della Rocca. Pensai di andare con lei a giocare. Dopo tre giorni mia madre se ne accorse e mi diede così tante botte che mi venne la febbre. Da allora non stetti mai più a casa da scuola e dal mio lavoro dalla signora!
Finito le scuole feci altri lavoretti per aiutare in casa. Ne ho fatti tanti di lavori. [...]

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