martedì 19 giugno 2018

PAGINE DI DIARIO / 27

Da “Ricordi di una ragazzina”, di Liliana Malferrari (stampato nel dicembre del 2015).

Parte settima
ed
ultima puntata.


(Liliana Malferrari con il “suo Nini”)


[...] A 17 anni tornai in Italia, ma i nostri genitori non avevano cambiato idea. Noi continuavamo la nostra storia. Andai a servizio a Modena e lì ci vedemmo spesso. Così mi mandarono a servizio a Milano e fu lì che mi accorsi di essere incinta. Questo scombussolò la nostra vita. Ci sposammo, noi ci amavamo. Ci sposammo alle sette del mattino del 27 febbraio 1954, io non avevo ancora 19 anni e lui ne aveva appena compiuti 20. Non avevamo nemmeno una lira. Andammo quattro giorni a Milano dove avevamo dei parenti che ci ospitarono come regalo.
Quando tornammo a casa, lui tornò a casa sua e io pure. Non avevamo proprio nulla. Dopo tre mesi, sempre in via Obici, trovammo una camera e cucina, senza bagno e lavandino, che era in un pianerottolo in comune con un’altra famiglia. Avevamo un po’ di mobili vecchi regalatici da conoscenti e arredammo questa casa con roba vecchia, ma a noi piaceva tanto. Non so se si può dire, ma l’unica cosa nuova era una stufa a legna che mi regalò mia madre e i materassi di penna, che erano da rimescolare tutte le mattine per stendere bene la penna.
In quella casa nacque nostra figlia Marna. Era il 16 luglio 1954. Non avevamo nulla e nulla. Con l’aiuto di mia madre e Anna, una vicina di casa, si tirava avanti con fatica.
Grazie a tutte quelle persone che sono state tanto generose con me, perché a quell’epoca avevano poco tutti.
Mio marito trovò poi un lavoro stagionale e io facevo qualche lavoretto in casa: cucivo maglie, facevo dei colletti all’uncinetto, per un ragazzino ricamavo maglioni e tante altre cosine. Con sacrificio si tirava avanti.
Dopo tre anni di matrimonio rimasi nuovamente incinta ed ero disperata. L’11 agosto 1957 nacque Moreno. La nostra preoccupazione era sempre la stessa: come fare ad andare avanti, perché i soldi che si prendeva erano pochissimi. Poi successe che a sette mesi Moreno si ammalò gravemente e stette ricoverato un mese in ospedale. Io dovetti stare sempre con lui perché dovevo dargli il latte. Un medico di turno lo salvò e finì tutto bene.
Tirammo avanti così per anni, privandoci di tutte quelle cose che sarebbero piaciute anche a noi, tipo andare al cinema e fare qualche gita, ma ormai la vita ci aveva già temprati.
Noi siamo stati fortunati, perché tanta gente ci ha aiutato. Però ricordatevi che non c’è umiliazione più grande del dover chiedere l’elemosina e mi sono riproposta che questo non sarebbe mai più accaduto. Ho anche imparato che la vita, senza sacrifici, non ti regala nulla, specialmente nei rapporti familiari. La famiglia per me è sacra. Per me i figli sono la cosa più importante. Ho cercato di trasmettere loro tutto il mio amore, anche sbagliando, ma tutto quello che ho fatto l’ho fatto in buona fede.
I figli sono un dono e li ami con i loro pregi e difetti.


Ho tre nipoti, due femmine e un maschio.
Noi rompiamo perché vi vogliamo bene.
Quando avrete bisogno noi ci saremo sempre.
Grazie di volare…



(Liliana con i suoi due figli: Marna e Moreno.)

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