venerdì 10 aprile 2015

UNO STRAPPO NELLA MEMORIA / 2: UNO MNÈMONE A SPILAMBERTO



L’Odissea racconta.
Ulisse, ritornato ad Itaca, per non farsi riconoscere dai Proci finge di essere un mendicante vagabondo e chiede di partecipare alla gara dell’arco. Penelope, infatti, sposerà chi sarà in grado di scoccare con l’arco di Ulisse la freccia che attraverserà senza intoppi le dodici scuri predisposte per la sfida.
Eurialo, il più arrogante dei Proci, rivolgendosi ad Ulisse così si esprime:
«Tu non mi sembri un uomo esperto di gare, ma piuttosto uno che vaga per i mari in una nave dai molti remi, che comanda i marinai, che si ricorda del carico, che pensa alle merci e ai guadagni».

Nel mondo dell’oralità, che precede quello della scrittura, sulle navi c’era chi doveva ricordare, il suo compito era quello di avere in mente l’elenco delle merci, del carico: lo MNÈMONE, una specie di “bolla di carico” umana. Alcuni antichi affermarono che i Fenici inventarono la scrittura proprio per ovviare alla difficoltà di questo compito.
Le parole di Eurialo esprimono per la prima volta il concetto dello mnèmone nell’Odissea.
In alcune città, le responsabilità di questo particolare personaggio si concentravano in un magistrato a cui erano affidati, ad esempio, compiti istituzionali riguardanti la conservazione delle informazioni rilevanti in ambito tecnico, come memorizzare il calendario liturgico.
La figura dello mnèmone compare anche nei racconti mitologici: Teti, madre di Achille, proibisce al figlio di uccidere un certo Tenes, perché generato da Apollo. Un oracolo, infatti, aveva predetto la fine di Achille il giorno in cui avesse ucciso un figlio del Dio. Teti mise al fianco di Achille uno mnèmone, con il compito di preservarlo dal destino di morte annunciato. Lo schiavo si distrasse e Achille poi morì.
Nel mondo antico le risorse degli schiavi permettono di utilizzare una persona, lo mnèmone, come supporto alla memoria. Noi oggi, più semplicemente, utilizziamo metodi diversi: a livello personale facciamo un nodo al fazzoletto, mettiamo un pezzo di carta  nell’anello e così via; più ampiamente, a livello istituzionale ci avvaliamo di un sorprendente mnèmone, l’archivio.
E non aggiungiamo altro.

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